Posti di blocco e controlli di polizia: segnalarli sui gruppi WhatsApp è reato
Segnalazioni in chat per eludere i controlli

Prima della larga diffusione di social e chat, era consuetudine di molti automobilisti segnalare la presenza di forze dell’ordine attraverso l’attivazione dei fari lampeggianti alle auto in arrivo dalla corsia opposta.
Oggi però ci sono nuovi strumenti come le chat di messaggistica, ad esempio WhatsApp, che vengono utilizzate anche con questo fine. A tal proposito recentemente sono stati scoperti dei gruppi su WhatsApp utilizzati proprio per le segnalazioni di posti di blocco e controlli di polizia sulle strade. Probabilmente all’oscuro del fatto che un comportamento del genere integra il reato di interruzione di pubblico servizio, in concorso.
62 denunciati alla procura di Agrigento
Come raccontato da Il Sole 24 Ore, l’ultimo caso è accaduto in Sicilia, a Canicattì, in provincia di Agrigento. Qui, dopo una lunga indagine, le forze dell’ordine hanno denunciato alla procura della Repubblica di Agrigento 62 persone responsabili di aver creato un gruppo su WhatsApp nel quale venivano segnalati i posti di blocco e la presenza di pattuglie al fine di eludere i controlli. Un comportamento che rendeva vane le attività di prevenzione e repressione dei reati da parte delle forze dell’ordine.
Reato di interruzione di pubblico servizio
Per i soggetti responsabili s’ipotizza il reato di interruzione di pubblico servizio, in concorso. Come chiarisce l’art. 340 del codice penale, tale reato si pone in essere quando si “cagiona una interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità”. Per chi commette questo reato, che si può costituire anche utilizzando per la segnalazione dei controlli un navigatore collegato a una chat, è prevista la reclusione fino a un anno e fino a cinque anni per capi, promotori e organizzatori della turbativa.