Il primo motore a scoppio è stato rimesso in moto a Firenze
Fu inventato nel 1853 dagli italiani Barsanti e Matteucci
Il motore a scoppio è un’idea italiana. È stato inventato nel 1853 a Lucca da Padre Eugenio Barsanti e Felice Matteucci. Depositarono il progetto all’Archivio dei Georgofili e all’Osservatorio Ximeniano di Firenze, completando la costruzione del prototipo presso la Fonderia Benini del capoluogo toscano. Il Club Moto d’Epoca Fiorentino ha deciso di accendere i riflettori su questa fondamentale invenzione avvenuta nel nostro Paese, con l’obiettivo di riprodurlo fedelmente e funzionante.
Due anni di studi e lavoro
L’idea è nata nel 2022 e, da allora, c’è stato un grande lavoro da parte dei soci del club, riprendendo la documentazione storica e con ulteriori ricerche. Due anni intensi di studio ed oltre 5.000 ore di lavoro hanno portato al traguardo di sabato scorso, quando il motore è stato messo in moto, presso il Museo Galileo di Firenze.
“L’invenzione di Barsanti e Matteucci è un primato mondiale senza pari che l’Italia può vantare e che ASI ha contribuito a valorizzare grazie all’iniziativa del suo club motociclistico fiorentino e dei suoi soci – sono le parole di Alberto Scuro, presidente ASI (AutoMotoClub Storico Italiano), su questo importante evento – Tramandiamo la cultura dei motori rispettando l’originalità, i documenti, le testimonianze e le fonti affinché la memoria diventi patrimonio della collettività”.
Il funzionamento
Come funziona? Il motore Barsanti e Matteucci è di tipo gravi-atmosferico a tre tempi ad azione differita, con aspirazione, scoppio e scarico e senza compressione. Una serie di valvole fa confluire aria e gas metano CH4 nella camera di combustione posta alla base del singolo cilindro verticale. Il pistone sta in posizione bassa e l’esplosione della miscela gas/aria tramite scintilla lo fa letteralmente volare verso l’alto ad un’altezza non sempre uguale.
Il raffreddamento dei gas e il peso del pistone stesso favoriscono la successiva discesa verso il punto morto inferiore, in modo da poter continuare con un nuovo ciclo. È proprio la fase discendente che risulta essere attiva e permette, attraverso un’asta a cremagliera, di trasmettere il moto del pistone ad una ruota dentata e quindi alla puleggia del volano. Da qui la definizione “ad azione differita”. Per farlo funzionare, è stato realizzato un sistema di accensione elettrica ad hoc.
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