Pomigliano d’Arco: la vertenza di Marchionne e Fiom in pillole

Pomigliano d’Arco: la vertenza di Marchionne e Fiom in pillole

A giocarsi Pomegliano d’Arco, lo storico stabilimento Alfa Romeo culla di numerosi modelli del Biscione, in un sonnacchioso paese di circa quarantamila anime, nella provincia campana di Napoli, da una parte sta, oggi, la sola Fiom, l’unica irriducibile, zoccolo duro della protesta, intransigente e non disposta a scendere a compromessi con quello che ancora, forse, si vede come un settore capitalista, in eterna lotta tra proletariato e classe dominante.

Molto più moderno il profilo del bellicoso schieramento opposto, che lascia l’armatura in soffitta ed indossa più moderni pullover: è Marchionne, che col suo cashmere sta combattendo il mondo automobilistico, che ha rottamato la cravatta ed ha bandito ufficialmente la giacca. Mi si dirà che sono di parte: non è vero, mi piacciono i maglioni, indipendentemente da chi li indossa.

Ora, tornando a bomba, il Piano Industriale del prossimo lustro, redatto dalla macchina imprenditoriale che alberga all’interno della calotta cranica dell’AD del Lingotto, prevede che Alfa Romeo sposti la propria coordinata produttiva in America, laddove la risalita della china, dal burrone, potrebbe essere più semplificata.

Che farne, dunque, di Pomigliano? La proposta di Marchionne ha due facce: l’una recita che la produzione di Fiat Panda si potrebbe spostare qui, sul suolo dello Stivale, per mezzo di un investimento di 700 milioni abbondanti sull’impianto, da Tichy, in Polonia, dove oggi viene realizzata. Mossa correlata ad una severa formazione degli operai, per migliorare efficienza ed abilità.

L’altra faccia dell’offerta richiede agli operai di uniformarsi a turni bislacchi (sei al giorno, di quattro ore ciascuno) e di accettare la possibilità di spostarsi di continuo, anche all’interno dello stesso turno lavorativo, in parti differenti del processo produttivo. In soldoni, d’uniformarsi alle condizioni professionali dei lavoratori Polacchi, avvezzi al regime d’attività rigido e spersonalizzante (di sapore comunista?).

La Fiom non ci sta, non scende a patti, non tollera il tentativo di ammazzare la classe degli operai di Pomegliano, cercando di spuntare condizioni migliori, accordi più felici, più proficui. Ma, dal proprio scranno, Marchionne e la classe politica al seguito esprimono il loro completo diniego ad ulteriore trattativa, minacciando d’andare avanti senza l’accordo del sindacato.

Ora si, pare proprio di tornare alla vecchia bagarre che scindeva, spaccava a metà, la classe operaia, forte dei soli figli, e l’apparato dominante: la filosofia è la medesima. E persino l’equazione è quella oramai consunta, che ci insegna Madre Natura: vince il più forte (che spesso non coincide con il più meritevole).

Che opinione avete su tutta la vicenda?

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