Triumph Spitfire: le mille contraddizioni di un capolavoro del design italiano

Quattro generazioni per un'auto ancora amata

La Triumph Spitfire venne prodotta dal 1962 al 1980 in ben quattro generazioni e rimane anche al giorno d'oggi una vettura molto amata dagli appassionati inglesi e non solo. Il tutto, però, è comunque nato dall'abile matita di un designer italiano: il grande Giovanni Michelotti

Una mattina dell’inizio degli anni sessanta Giovanni Michelotti stava guardando distrattamente la tv, ma anche una giornata di relax con i figli non poteva procedere senza tenere le mani impegnate con carta e matita. Era venuta fuori da quel passatempo domenicale una spider dal design pulito e radicale, una vetturetta dal fascino irresistibile, probabilmente slegata da ogni considerazione di marca. Michelotti aveva già disegnato vetture per Maserati, Ferrari, la carrozzeria Farina poi Pininfarina, per tantissimi costruttori: tutti incantati dal suo straordinario talento. Proprio in quei giorni, in giugno, passava per l’Italia un vecchio amico di Michelotti, Harry Webster, il responsabile tecnico della Triumph in vacanza con la famiglia. Michelotti aveva già lavorato con la Triumph e i tecnici inglesi erano intenzionati in quel periodo a disegnare una piccola auto sportiva, ma i risultati non erano stati fino a quel momento per nulla incoraggianti. Michelotti giudicò negativamente quei progetti e Webster rimase rapito dagli schizzi del suo amico. Nelle successive dodici ore i due definirono il progetto con una serie di disegni successivi, mentre la moglie e la figlia di Webster furono abbandonate in macchina fino alle prime ore della mattina successiva.

triumph-spitfire-mkiv_02

La Spitfire fu prodotta dal 1962 al 1980, quindi per diciotto anni, un periodo davvero lungo anche per le vetture di quegli anni. Nonostante la bellezza del design, la Triumph non aveva introdotto grandi novità tecniche con lo spider dalla foggia italiana. Le prime serie furono molto tradizionali, recuperando motori, meccanica e sospensioni già in uso in altri modelli. Particolarmente il motore era lo stesso 4 cilindri in linea con albero a camme laterale di 1147 cc della vecchia Triumph Herald del 1959 (anch’essa disegnata da Michelotti). Grazie all’alimentazione a 2 carburatori, la potenza massima cresceva a 63 Cv. Il nome Spitfire era un omaggio alla vittoria inglese nella seconda guerra mondiale, di appena quindici anni prima, in onore degli aerei caccia Supermarine Spitfire in dotazione alla Royal Air Force. Il successo della vettura fu senz’altro internazionale e tutt’altro che inglese: la bellissima linea e il prezzo conveniente giocarono sicuramente a suo favore.

La Spitfire era bassissima, provvista di tradizionali se non “vecchie” sospensioni a 4 ruote indipendenti, con triangoli sovrapposti davanti e a bracci oscillanti dietro, il cambio manuale a 4 rapporti e i freni anteriori a disco. La leggerezza del progetto, la vettura pesava intorno agli ottocento chili, permetteva una vivacità nella guida e una maneggevolezza molto peculiari. L’abitacolo molto spartano, si riscaldava facilmente d’estate, la guida bassissima e molto affascinante, anche in presenza, come abbiamo detto di un motore non eccezionale come ripresa e come prestazioni. I consumi erano davvero bassi e convenienti, anche se la vettura non riscaldava parecchio solo nell’abitacolo, ma anche il motore soffriva molto il traffico urbano e i continui “stop and go” tipici dell’uso cittadino ne compromettevano seriamente l’affidabilità e l’uso di tutti i giorni.

triumph-spitfire-mkiv_01

La bellezza della linea dal punto di vista anteriore non si discute, così come è straordinaria la piega del tetto nella zona inferiore e l’idea di affidare ad una curva a cuneo la “chiusura” della zona dell’abitacolo. La parte posteriore, invece, ebbe vita più tormentata. In seguito a problemi legislativi, ad esempio, in Italia la carrozzeria Ducati, incaricata della vendita, dovette aggiungere dei fari, rovinando particolarmente l’estetica della terza serie. Le foto che vedete allegate sono della quarta serie, la MKIV, quella che, probabilmente segna il raggiungimento del massimo risultato della matita di Michelotti su questa vettura. Il gioco di rimandi nei particolari è degno di una vettura di ben altro pregio e valore: ogni minimo elemento del corpo vettura allude ad elementi vicini, siano essi la manopola per aprire le portiere, il bocchettone della benzina, l’incavo per aprire il cofano anteriore, le frecce anteriori a goccia, lo specchietto esterno e l’elemento semisferico copriluci della targa.

triumph-spitfire-mkiv_08

La lunga carriera della Spitfire venne caratterizzata da continue modifiche ai motori. La quarta serie dovette affrontare le direttive americane antinquinamento, le quali vennero a ridurre la potenza e ad inficiare anche la produzione diretta all’Europa. In parole povere la terza serie è la più potente, la quarta sconta la presenza di albero a camme e spinterogeni diversi, e quindi diverse regolazioni di anticipo e distribuzione. La MKIV vide l‘introduzione di una nuova sospensione posteriore, con il montaggio di un perno centrale Swing Spring, in grado di affinare il comportamento stradale senza perdere in rigidità e precisione di guida.

Nel 1974 l’ultima serie vide l’aumento della cilindrata da 1296 a 1493 cc e la potenza tornò a 70 Cv sulla versione per l’Europa. Il gran numero di esemplari prodotti della vettura, intorno ai trecentomila, rappresenta sicuramente la conferma del grande successo del progetto Spitfire, il quale fu in qualche modo privilegiato anche nella tormentata storia dell’industria automobilistica inglese, con il raggruppamento di marchi come MG e Triumph nel 1968 nella British Leyland del Barone Donald Stokes. Oggi è possibile rintracciare facilmente e a prezzi accessibili ogni sorta di ricambio e accessorio. Forse non sarà semplicissimo ritrovare le marmitte Abarth degli anni sessanta, che assicuravano potenza e suono senza paragoni, ma degne sostituite moderne sono davvero accessibili. Molti appassionati hanno dedicato sforzi e impegno per potenziare il motore della vettura: in Inghilterra, dove tali modifiche sono prassi usuale tra appassionati, è stato redatto uno schema che prevede 4 steps di potenza diversi. Senza aggiungere impianti Turbocharger e simili, che accorciano la vita del motore, è possibile potenziare i cavalli da 70 fino a 85 (con nuovi filtri d’aria, impianto di scarico e carburatori), a 90(oltre ai suddetti, nuova camera e compressione, radiatore più largo, carburatori ancora più potente), a 110 (diversa camera, valvole, volano alleggerito, nuova compressione, ecc.) fino a 120 Cv ed oltre (con albero a gomiti nitrurato, doppio carburatore Weber ecc.). Con il terzo step la vettura può raggiungere gli 0-100 in 7,8 secondi (anche grazie ad un alleggerimento della vettura di 60 chili), una bella differenza dai canonici 11,2 secondi. In rete si trovano moltissimi forum e blog di appassionati inglesi e anche italiani che forniscono ogni informazione a proposito. Esistono alcune riviste inglesi dedicate alla Triumph, che si possono acquistare in formato digitale. Sono senz’altro molto utili per conoscere velocemente le aziende e i negozi dedicati espressamente a questo modello e la serie nutritissima di accessori e ricambi che propongono.

Rate this post
Motorionline.com è stato selezionato dal nuovo servizio di Google News, se vuoi essere sempre aggiornato sulle nostre notizie
Seguici qui
Leggi altri articoli in Auto Storiche

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati

Array
(
)