Nürburgring, rischio bancarotta per la società che gestisce il circuito
Il circuito carico di debiti rischia di chiudere
Rischio di bancarotta per la società pubblica che gestisce lo storico circuito tedesco, il Nürburgring. Il significato di queste parole lo possiamo spiegare, semplicemente, così: il tracciato, che include il tratto usato anche nel Campionato di Formula Uno, e l’anello nord inaugurato nel 1927 ed usato oggi anche da moltissime case automobilistiche per testare le nuove vetture, potrebbe chiudere. La causa? Gli errori di cattiva gestione. Sulla vicenda – lo precisiamo subito – non è ancora stata detta la parola fine (la struttura potrebbe essere salvata in extremis), ma resta altissimo il rischio di perdere un pezzo storico dell’automobilismo, a causa di interessi che tanto storici non sono (ma puramente commerciali/economici).
Secondo quanto viene raccontato dalle indiscrezioni, il Nürburgring è stato amministrato in maniera poco oculata, tanto che oggi sulle spalle di questo nobile circuito peserebbe un deficit abbondante (cifre precise non ci sono, ma alcune chiacchiere parlano di circa 400 milioni di euro). A nulla sono valsi i tentativi di realizzare, nel corso degli ultimi anni, alcune attrazioni nei pressi del tracciato, con numerosi investimenti pubblici e privati. Neppure sono stati di grande aiuto i diversi eventi che nel corso del tempo sono stati organizzati all’interno del tracciato.
Nel 2010 le strutture del Nürburgring e i debiti che la precedente gestione aveva accumulato sono stati rilevati dalle autorità pubbliche della Renania, sfruttando denaro pubblico, ed il circuito è stato concesso in affitto a privati, che però si sono dimostrati insolventi. Ora è stato rilevato l’errato uso dei fondi pubblici (è stata la Commissione europea a decretarlo) e la società statale a cui appartengono gli impianti del tracciato dovrebbe sborsare altro denaro per riuscire a mantenerli in vita.
Una soluzione per il Nürburgring potrebbe essere lo scorporo delle varie attività, dividendo quelle commerciali da quelle prettamente automobilistiche, in modo da frammentare i debiti e le spese ed eventualmente vendere le strutture meno redditizie. Oppure l’intervento di un qualche investitore straniero (un arabo?!), con un flusso di denaro fresco.
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Spero vivamente di no, anche se sembra inevitabile.
Devo assolutamente ritornarci a fine agosto.