Mazda reinventa il motore rotativo per adattarsi alle esigenze di oggi
Il nuovo motore rotativo della MX-30 R-EV si occupa di ricaricare la batteria
Con il lancio della nuova Mazda MX-30 R-EV, segna il primo ritorno di un motore rotativo di Mazda dopo otto anni di assenza. Funziona come un generatore di energia per ricaricare la batteria del crossover ibrido plug-in durante la marcia, estendendone l’autonomia fino a 680 km senza la necessità di ricaricarlo o di fare rifornimento, grazie anche alla presenza di un serbatoio di benzina da 50 litri.
La nuova generazione di motore rotativo Mazda è però soltanto l’ultima puntata di una storia che unisce la casa automobilistica giapponese e questo tipo di propulsore sin dal lontano 1961. Il 4 luglio di quell’anno, il governo giapponese approvò ufficialmente l’accordo di licenza di Mazda con la tedesca NSU Wankel GmbH per quanto riguardava l’utilizzo del rivoluzionario motore relativo.
La prima vettura rotativa del brand fu la Cosmo Sport 110 S
Progettato da Felix Wankel, questo powertrain non richiede né pistoni e né cilindri, ma dispone di rotori che sostituiscono il movimento alternativo dei pistoni. Ciò offre un funzionamento a basse vibrazioni, una rumorosità minima, una struttura compatta e un peso ridotto. Questa tecnologia spinse gli ingegneri del marchio nipponico a ripensare completamente l’auto.
La strada per arrivare al motore rotativo, però, non è stata facile. Questo presentava delle sfide uniche e degli ostacoli che hanno indotto quasi tutti i circa 30 altri licenziatari a rinunciarci. In occasione del Motor Show di Tokyo del 1964, Mazda presentò la Cosmo Sport 110 S, un prototipo sviluppato dal Mazda Rotary Engine Research Department.
Questo centro di ricerca era guidato dal capo ingegnere Kenichi Yamamoto, che, in soli due anni e con un team di 47 ingegneri, ottimizzò la qualità di produzione dei materiali del motore e rese egli stesso resistente.
La Cosmo Sport 110 S entrò in produzione nel maggio del ‘67 come prima auto al mondo ad avere un motore rotativo a doppio rotore. Fin dall’inizio, inoltra, questa vettura dimostrò una resistenza di alto livello.
La Mazda Cosmo Sport 110 S riuscì a conquistare un quarto posto nella Marathon de la Route di 84 ore al Nurburgring, la sua primissima gara. Fu il preludio di oltre 200 vittorie in gara delle Mazda con motore rotativo nei campionati turismo.
Queste prime partecipazioni nel motorsport rafforzarono l’immagine globale del costruttore giapponese e incrementarono le vendite dei suoi modelli di serie. La pionieristica Cosmo Sport 110 S venne seguita da altri 34 modelli rotativi, tra cui le Gran Turismo Luce R130, Parkway ed RX-7.
All’inizio degli anni ‘70, una Mazda su due aveva un motore rotativo. Le più comuni erano delle coupé, anche se l’azienda produceva pure berline, station wagon e un pick-up.
L’ultimo modello con motore rotativo fu la RX-8
Nel 1974, l’ascesa della cultura rotativa subì un duro colpo durante la prima crisi del prezzo del petrolio. Sebbene le auto rotative di Mazda fossero un punto di riferimento in termini di emissioni, i loro consumi di carburante tendevano ancora ad essere superiori a quelli degli altri modelli competitor con powertrain tradizionali.
Per contrastare questo fenomeno, l’azienda lanciò nel 1974 il progetto Phoenix sotto la guida di Kenichi Yamamoto. Grazie ad alcune modifiche tecniche, il consumo di carburante delle vetture con motore rotativo venne ridotto del 50%, come dimostrò la Mazda RX-7.
L’ultima vettura di serie del brand ad avere un motore rotativo fu la RX-8, prodotta dal 2003 al 2012. Tra l’altro, questa versione vinse il prestigioso premio International Engine of the Year.
Arrivando al 2023, la nuova Mazda MX-30 R-EV prevede un sistema ibrido plug-in davvero rivoluzionario. In questo caso, il motore rotativo non viene utilizzato per la trazione, ma genera energia per caricare la batteria in modo da assicurare una guida 100% elettrica.
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