Opel: la prima vettura integrale 30 anni fa [FOTO]

Nel 1989 il lancio della Vectra 2.0i 4x4

Opel ricorda a distanza di 30 anni il suo primo modello dotato di trazione integrale. L'inizio di una storia che prosegue vivace nel presente

Trenta anni sono trascorsi dalla prima Opel Vectra 2.0i 4×4 lanciata nel 1989. Un’interessante dotazione tecnologica per il periodo e la corposa spinta della trazione integrale costituivano una sinergia funzionale, proposta allora anche a un prezzo nel complesso competitivo, considerando quanto ricordato dalla casa. Un 10% in più rispetto al costo di un modello similare a trazione anteriore. L’inizio di un percorso evolutivo sino all’attuale Insignia BiTurbo 4×4, caratterizzata da sistema Twinster Torque Vectoring.

Il risultato di un profondo studio

I tecnici della casa valutarono profondamente i concetti della trazione integrale prima del debutto. Al Centro Sviluppo Tecnico della Adam Opel AG, come evidenziato dal costruttore, si testarono varie soluzioni di trazione integrale avanzate e conosciute nel periodo, per valutare vantaggi e svantaggi di ognuna. Fatto che spronò gli specialisti a sviluppare un nuovo e innovativo tipo di sistema permanente.

Soluzioni interessanti

Uno degli aspetti rilevanti già allora era la gestione della coppia motrice. Il costruttore tedesco ricorda le due differenti azioni del giunto viscoso, ossia la rapida ripartizione della citata coppia tra gli assi e la compensazione in curva rispetto alle differenti velocità sostenute dagli assi. In caso di fondo impegnativo la ripartizione risultava 40:60; mentre su strada asciutta era trasmesso il 73% della potenza alle ruote anteriori e il 27% residuo a quelle retrostanti. Di regola l’asse posteriore forniva dal 15% al 60% della coppia complessiva, arrivando al 100% solo nel caso in cui quelle anteriori non avessero alcuna aderenza. La proporzione del coppia poteva raggiungere un valore del 25% all’anteriore alla velocità più elevata, dunque una trazione integrale permanente, come sottolineato nell’occasione.
La distribuzione della coppia entro il giunto viscoso avveniva attraverso coppie di dischi, gli esterni legati alla dentatura della scatola, gli interni presenti su dedicate scanalature dell’ingranaggio planetario. Tra gli spazi un liquido al silicone “tagliato” dai fori dei dischi durante la fase di trascinamento degli stessi che, in simbiosi con l’aderenza superficiale, dava vita alla trasmissione considerando la rotazione dei dischi esterni fatti ruotare dal liquido e il relativo spostamento dell’albero di trasmissione legato all’asse posteriore.
L’azione risultava lenta in base alle attenuate velocità di rotazione all’entrata e all’uscita con una debole trasmissione della coppia. Quando aumentava ad esempio lo slittamento delle ruote anteriori, cresceva in proporzione la differenza delle citate velocità tra i dischi. Considerando anche l’incremento di pressione interna e della temperatura. Il quantitativo corposo della coppia inviata all’assale retrostante annullava poi la differente rotazione tra gli assi, considerando un’opportuna ripartizione.

Su una base già evoluta

Il fulcro del sistema di trazione integrale era costituito dalla scatola del transfer abbinata al cambio manuale a 5 marce. Un sistema compatto, simile a quello impiegato sulle versioni a trazione anteriore. Il supporto del motore retrostante era stato arretrato di 10 centimetri per accogliere la soluzione. All’interno della scatola la coppia motrice trasmessa dal cambio era convogliata a sua volta al giunto viscoso da una coppia conica e da ingranaggi planetari con tre ingranaggi satelliti, come ricordato. Compresa anche la frizione idraulica che si disinnestava in automatico, all’impiego dei freni, smorzando di colpo il passaggio della potenza alle ruote posteriori.
La Opel Vectra 2.0i 4×4 poggiava sul pianale della Vectra 2.000 16 valvole, introdotta successivamente a partire dall’estate del 1989. Tra le caratteristiche meccaniche in rilievo: freni a disco, di cui quelli anteriori ventilati, oltre a sospensioni anteriori e posteriori indipendenti con bracci semioscillanti al retrotreno. Condivideva con la versione a trazione anteriore motore, trasmissione e sospensioni della zona frontale, sebbene la taratura risulti modificata alla luce della ripartizione dei pesi sugli assali con l’impiego di molle più rigide e differenti ammortizzatori. La sospensione posteriore rimandava a una struttura impiegata per la Opel Omega, con bracci semi-oscillanti e perni su due piani, ottenendo un angolo di camber negativo attenuando la convergenza ad un’azione forzata sulle molle Minibloc. Tra le novità anche un sottotelaio, ovvero una particolare configurazione tubolare della sospensione. Il differenziale posteriore poi era ancorato alla scocca grazie a un supporto trasversale, secondo quanto segnalato.

Foto: Opel

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