Brexit, la reazione delle case automobilistiche

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Brexit, la reazione delle case automobilistiche

Brexit – Dopo la vittoria del sì, ossia l’uscita del Regno Unito dalla UE, sono susseguiti una serie di eventi economici che, come prevedibile, non hanno portato a nulla di buono nell’immediato. Ad esempio i mercati ne hanno risentito fortemente e l’indice FTSE MIB di Milano ha chiuso in ribasso di oltre 12 punti (un vero record in negativo), contemporaneamente la sterlina ha subito una forte rivalutazione al ribasso, a vantaggio di dollaro e yen giapponese. Nel mentre anche le case automobilistiche che hanno da sempre la propria sede oltremanica – o comunque dei forti interessi nel paese – cominciano a diramare comunicati. Ecco quanto riportato da Repubblica nella giornata di ieri.

Jaguar & Land Rover: “Rimarremo impegnati in tutti i nostri siti produttivi e confermeremo le decisioni di investimento”, si affretta a confermare il più grande produttore di auto britannico e braccio di lusso dell’indiana Tata Motors che piazza in Europa il 20% delle sue vendite globali. “L’Europa è un mercato chiave strategico per il nostro business. Restiamo assolutamente impegnati verso i nostri clienti europei”, ribadisce un portavoce.

Toyota e Nissan: con fabbriche in Gran Bretagna e che esportano largamente in Europa (e 800 mila dipendenti in UK), dai vertici dicono che questo cambiamento potrebbe rallentare i loro investimenti o metterli in pausa, almeno per ora. Solo Nissan è in Gran Bretagna da trent’anni e produce 475 mila auto all’anno, la maggior parte destinate al mercato europeo. Toyota l’anno scorso ne ha sfornate 190 mila. “Non abbiamo altra scelta che non quella di essere più cauti con le nostre decisioni di investimento, incluse quelle di produrre o meno nuovi modelli in UK”, dice una fonte a Reuters.

FCA: Sergio Marchionne continua a predicare calma, come confermato anche dal nostro precedente articolo. La sede fiscale in Inghilterra agevolerebbe gli investitori americani, spiega l’AD italo-canadese, ma le tasse pagate vanno comunque in Italia. Aggiunge poi un portavoce, sempre riportato da Repubblica: “Non prevediamo che l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea abbia per FCA particolari impatti sul fronte industriale o di altro tipo, sebbene l’esito del referendum ponga l’interrogativo su quella che sarà l’Europa del futuro. In particolare non ci attendiamo che il fatto di avere la sede fiscale in Gran Bretagna comporti conseguenze finanziarie o cambiamenti nella governance del Gruppo, data la distribuzione globale delle attività e sedi operative di Fca nei vari Paesi nel mondo”.

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1 commento

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  • kato ha detto:

    Non cambia assolutamente nulla. Tranne ai banchieri che ci voglinono tutti come topolini a girare le ruote nelle finanziarie e mutui. Gli inglesi non sono idioti.

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