Citroen 2CV: un esempio di vitalità da 70 anni [FOTO E VIDEO]
Pierre-Jules Boulanger e una particolare indagine di mercato
Emblema di una generazione, ma anche della stessa semplicità, la Citroën 2CV continua ad essere una delle vetture più rappresentative dell’industria francese del secolo scorso.
Pierre Boulanger e il risanamento di Citroën
La nascita della 2CV è collegata a fatti che risalgono ben prima di 70 anni fa, cioè al 1935. Pierre-Jules Boulanger è uno dei protagonisti, giunto in Citroën dalla vulcanica Alvernia, una regione fertilissima della Francia e prettamente agricola, nella quale muovono i primi passi anche i fratelli Michelin, fondatori del gigante di pneumatici noto in tutto il mondo. Boulanger, chiamato affettuosamente “Père Boule”, lavorava all’epoca per Michelin dopo essere rientrato in Francia dagli Stati Uniti, col sopraggiungere della Prima Guerra Mondiale. Rimasto nella terra natia con un ruolo dirigenziale proprio in Michelin, ricevette successivamente l’incarico di riequilibrare i conti di Citroën, allora salvata proprio dal gommista di Clermont-Ferrand considerando gli ingenti investimenti affrontati dall’azienda, nonostante il successo della Traction Avant, oltre alla scomparsa prematura dello stesso André Citroën avvenuta nel mese di luglio del 1935. Il rigore promesso da “Père Boule” contribuirà al risanamento del Doppio Chevron, come segnalato dalle cronache, ma non mancherà certo lo spirito creativo e innovativo che da sempre caratterizzano il marchio transalpino.
La nascita della 2CV partendo da una ricerca di mercato
Nel corso del 1936 sulla scrivania di Boulanger, la stessa appartenuta a Citroën, giunse un faldone contenente i risultati di una mirata ricerca di mercato commissionata dallo stesso “Père Boule” e i fratelli Michelin. Erano stati interpellati alcuni cittadini francesi in materia di auto, segnalando che tipo di vettura desiderassero e con quali caratteristiche. La maggior parte delle persone intervistate non aveva un’auto, ma soprattutto cercava un mezzo economico e comunque versatile, dato che la maggior parte di essi risiedeva in zone agricole, quindi avrebbero affrontato condizioni diverse dalle aree urbane.
Notando questi risultati seguì una lettera, che riassunse già tutte le caratteristiche che avrebbe avuto la 2CV, dettata dallo stesso Boulanger alla segretaria e spedita al responsabile del centro studi Citroën del periodo, il signor Brogly: “Fate studiare nel vostro reparto una vettura che possa trasportare due contadini con gli zoccoli, cinquanta chili di patate o un barilotto di vino ad una velocità massima di sessanta chilometri orari con un consumo di tre litri per cento chilometri.”
Dai primi prototipi T.P.V. alla “lumaca di latta”
La seconda guerra mondiale rallentò lo sviluppo della 2CV ma, dai primi studi con i prototipi T.P.V. studiati pensando ai contadini, ovvero ai potenziali clienti della vettura (molti distrutti per evitare che fossero preda dei nazisti, sebbene a distanza di anni ne sono stati ritrovati tre di questi), grazie anche al design pensato dall’abile Flaminio Bertoni e a soluzioni tecniche semplici, si arriva alla 2CV. La carrozzeria modellata seguendo i dettami di un design distinguibile e tondeggiante, un motore compatto e semplice di 375 cc associato a un cambio tre marce, furono gli aspetti immediatamente notati e, secondo quanto segnalato dalle cronache di allora, trapelò un po’ di scetticismo da parte di qualcuno alla presentazione avvenuta al Salone di Parigi, il 6 ottobre del 1948. Invece l’interesse per la “lumaca di latta”, come venne ribattezzata subito dopo dai francese, crebbe costantemente. Dal primo motore in grado di farle toccare i 60 km/h, giunsero versioni più prestanti grazie all’introduzione nel 1960 di altri propulsori a due cilindri contrapposti e raffreddati ad aria, come il primo, da 425 cc e 602 cc con varianti di potenza da 12 a 35 cavalli. In questo ultimo caso capace di proiettare la vettura sino a 120 km/h.
Ma la stessa 2CV divenne una base piuttosto versatile per realizzare non solo serie speciali o modelli particolari come la versione 4×4 “Sahara” impiegata dalla Total in Nord Africa o dal corpo forestale francese, ma anche altri modelli come l’AMI6 nel 1961, seguito a distanza dal 1967 al ’69 dalle Dyane, Méhari e AMI8.
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