MINI CHALLENGE: il racconto della nostra esperienza in gara [PARTE 1]
Prove libere e qualifiche nella gloriosa pista di Imola
La Mini ed il mondo delle corse. Un legame indissolubile, sin dalle origini del marchio, quando ormai più di 50 anni fa, una piccola “macchinina”, sulle strade del Rally di Montecarlo, sbaragliava la concorrenza aggiudicandosi la vittoria assoluta. La creatura di Alec Issigonis, vitaminizzata dalle cure di un certo John Cooper, mise tutti in riga facendo valere la proverbiale agilità in curva, che nel tempo ha fatto del kart feeling il marchio di fabbrica della casa British.
Da allora è passato più di mezzo secolo, ma la storia non cambia, perché il marchio Mini è più vivo che mai, e continua a regalare gioie agli amanti della guida sportiva. Su strada, come anche in pista, dove è ormai diventato una tradizione motoristica del nostro paese (siamo al settimo anno) il monomarca tutto dedicato alle John Cooper Works, che quest’anno, nel primo appuntamento di Imola, ha vantato addirittura 21 vetture sulla griglia di partenza. Al volante di una di queste, c’eravamo proprio noi.
Formula vincente
La ricetta del campionato, rispetto agli anni passati, resta invariata, con i sei appuntamenti, ciascuno con gara 1 e gara 2, preceduti ovviamente da 2 turni di prove libere ed uno di qualifica. Al primo appuntamento di Imola, seguiranno la trasferta oltre confine del Paul Ricard, Misano, Mugello, Vallelunga e Monza. Piste di spessore internazionale, che come sempre vedranno impegnate nella competizione le due categorie PRO e LITE, che daranno vita a due classifiche distinte e separate. Le MINI John Cooper Works Challenge Pro, ulteriormente affinate rispetto allo scorso campionato, vantano una potenza di 265 Cv grazie all’elettronica dedicata, il cambio sequenziale, al quale si affiancano l’assetto totalmente regolabile oltre al kit aerodinamico ed all’immancabile linea di scarico da competizione. Più vicina a quelle di serie, invece, la LITE, con il propulsore da 231 Cv, ma comunque una vera vettura da competizione, grazie all’allestimento di sicurezza ed agli accorgimenti sull’assetto. Per entrambe le vetture, infatti, è stato previsto un assetto Bilstein appositamente studiato ad hoc dalla bolzanese NTP, che fornisce inoltre i cerchi BBS ed il filtro aria da competizione K&N. Insomma, gli ingredienti per divertirsi ci sono tutti, starà a noi mettere il piede..
Gare ma non solo
In un week end di gara, con le varie categorie che di volta in volta scendono in pista, si trascorre davvero tanto tempo nel paddock. Ma il MINI CHALLENGE non è soltanto competizione in pista. La struttura messa a disposizione dei concorrenti da MINI ITALIA insieme a Promodrive è tale da creare un vero e proprio “village” all’interno del paddock, con un’organizzatissima hospitality dove non solo i piloti, ma anche le famiglie e gli amici possono trascorrere insieme intere giornate come se si fosse una grande famiglia. Il tutto, senza trascurare neanche l’appetito, perché il catering è davvero di primo livello. Ma veniamo al dunque. Dopo esserci fatti prendere per la gola, si passa alla guida. Il livello dei concorrenti del MINI CHALLENGE è assolutamente di spessore. Nella PRO, al debutto nella categoria, il mattatore della CLIO CUP dello scorso anno, Gustavo Sandrucci, dovrà vedersela con piloti del calibro di Luca Rangoni, Gianluca Calcagni, ed il campione in carica della “LITE”, Gabriele Giorgi, che quest’anno ha fatto il salto nella PRO. Altrettanto di livello il parterre di concorrenti della LITE, con giovani di talento come Federico Ugo Bagnasco ed il greco appena diciassettenne Krasonis, che ha scelto proprio il MINI CHALLENGE come trampolino di lancio per la sua carriera da pilota. A questi giovani si affiancano poi piloti navigati, come il tedesco Santamaria, già protagonista negli anni passati del campionato V8 Superstars.
Libere incoraggianti, qualifica nì
Se c’é una pista che mi mette la pelle d’oca al solo varcarne i cancelli, scatenando fiumi di adrenalina, quella è proprio Imola. Perché è bella, difficile, varia, impegnativa, una pista con un’aura di miticità, enfatizzata in particolare quanto ti ritrovi a percorrere il Tamburello a fine aprile, una data così vicina a quel 1° maggio del 1994 che cambiò per sempre la storia della Formula 1. Dopo il breifing con i ragazzi del Team Mini Italia, che cureranno la mia vettura e la PRO del nostro compagno di box, un “certo” Alex Caffi (77 gp disputati in Formula 1), è il momento di scendere in pista per le libere. Un po’, lo spero, confido di poter trovare da subito il feeling con la MINI, macchina alla quale sono particolarmente legato proprio perché una MINI è stata la mia prima auto da neo-patentato. Una “ONE” R53 con il motore 1.6 da 90 cv, per una love story durata poco più di un annetto. Ma non si è trattato di un tradimento. Perché dopo la prima è arrivata la seconda MINI, una Cooper S, sempre R53, ma con il decisamente più prestazionale 1.6 con compressore volumetrico da 163 cv. Un’auto che ho amato alla follia, e che ancora oggi rimpiango enormemente. Troppo bella da guidare, con quello sterzo così pronto, così diretto, e quel motore così rabbioso, sempre in tiro. Ecco, scendendo in pista, nel giro di lancio, le sensazioni che ritrovo sono proprio quelle. Sterzo prontissimo, assetto piatto come una tavola, motore già cattivo dal basso, e un gran scoppiettare in rilascio dallo scarico, caratteristica inconfondibile di ogni Cooper S che si rispetti. Ma non siamo in pista per lasciarci trasportare dalle emozioni, ma per far scorrere il cronometro il più velocemente possibile per noi, il meno velocemente possibile per gli avversari. Lanciata sul rettilineo la LITE, con i suoi 231 CV, ne ha a sufficienza per giungere alla staccata del tamburello a circa 217 km/h. A quella velocità, la staccata, non è mai facile, e ci metto un paio di giri per prendere la giusta confidenza con le pinze firmate JCW, che comunque fanno un lavoro eccellente, frenando sempre più di quanto l’istinto ti porti a fare. Giro dopo giro, infatti, la frenata si sposta sempre più in là. In uscita dal tamburello, giù tutto, sfruttando l’ottimo grip e l’assenza di sottosterzo – nonostante sia una trazione anteriore – per arrivare pieni fino alla Villeneuve, dove si sacrifica un po’ la sinistra, per uscire veloci sulla destra, tornando il prima possibile sul gas. Via verso la Tosa, dove capisco ben presto che il vero trucco è entrare lenti, per poter raddrizzare il prima possibile e spalancare il gas verso la Piratella, probabilmente la curva più difficile dell’intero circuito. Molto veloce, quasi cieca, con una contropendenza tutta sua, è davvero da pelo sullo stomaco buttare dentro la vettura, facendola scorrere fino a sconfinare sul cordolo esterno con quasi tutte e quattro le ruote. Se lo fai, vuol dire che stai andando forte, se non lo fai, allora stai passeggiando. Giù dalla Piratella la nostra MINI JCW si lancia alle Acque Minerali, dove lo straordinario assetto consente di entrare quasi “pieni”, sfiorando giusto un attimo il pedale del freno, di modo da caricare a dovere l’anteriore. La Variante Alta è tutta questione di traiettoria. Va tagliata, quasi come non ci fossero i cordoli. I primi giri non lo facciamo, ma ci basta seguire le linee dei nostro compagno di box Alex Caffi per capire che il modo per interpretarla, in realtà, è in realtà ben differente. Si arriva, infine, ad un altro punto da “apnea”: la staccatone della Rivazza, dopo che si scollina in pieno a quasi 200 km/h. Ma la nostra fantastica JCW non fa una piega. Anche forzando la staccata il posteriore si muove un po’, ma non mette mai in eccessiva apprensione. Da lì, via sul rettilineo, il nostro miglior giro è 2’08,7, che ci vede al quinto posto tra le LITE, ad 1,1 secondi dal best lap di Bagnasco. Considerando che è la prima volta con la MINI CHALLENGE rientriamo ai box moderatamente soddisfatti, con un sorriso a 32 denti come i bambini appena scesi dalla più bella giostra del luna park. Ma il sorriso fa presto a svanire, perché le aspettative per la qualifica vengono ben presto disattese. Con la gomma nuova, e con la maggiore confidenza con la vettura, alla quale sono riuscito a dare da subito “del tu”, mi sono prefissato l’obiettivo di migliorare almeno di un secondo il crono delle libere. Preso dalla voglia di “strafare” guido forse troppo sporco, forzando troppo la mia MINI, e così vengo castigato dall’inesorabile trascorrere dei secondi (e dei decimi). Nonostante la gomma fresca, infatti, il best crono in qualifica si ferma a 2’08 netti, ben lontano dal 2’06 basso del poleman della LITE. Ma nulla è perduto. Le gare sono lunghe ed imprevedibili. Può succedere di tutto [TO BE CONTINUED]
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