Peugeot 208: alla scoperta della nuova segmento B della casa francese

Un viaggio verso Ginevra alla guida delle mitiche 205, 206, 207, 208

Un successo dopo l'altro, per un segmento di mercato che sarebbe difficile da immaginare senza la presenza costante del marchio del leone. La gloriosa 205, l'enfant terribile 206, la 207 per giungere al grande successo della 208. Quest'ultima, al salone di Ginevra, si presenta totalmente rinnovata, anche in versione elettrica, per continuare sul solco dei gran numeri di vendita della generazione presentente. Per scoprirla, abbiamo guidato dalla Francia alla Svizzera tutte le sue progenitrici.

Peugeot 208 – Se c’è un segmento che in questo momento storico assume un ruolo strategico, soprattutto per i marchi generalisti, è proprio il segmento B. Tutto il resto, ormai, sono suv e crossover. E proprio quando si tratta di segmento B, impossibile non pensare a Peugeot che, negli anni, compatte passate alla storia ne ha sfornate eccome. L’antesignana potrebbe essere considerata la 104, ma è con la 205 che si ha il boom. Un modello la cui fama ed aura di miticità arrivano intatte fino ai nostri giorni. Dopo la 205, come dimenticare la 206, l’ “enfeant terrible”, altro grandissimo successo commerciale, anche per merito di una linea davvero riuscita, ancora oggi attualissima. Arriva poi la controversa 207, un’auto sempre più matura ma forse poco coraggiosa, per poi giungere all’attuale 208, che prometteva proprio un ritorno allo spirito delle origini, di 205 e 206, adottando soluzioni personali e di carattere. Sarà un successo, con oltre un milione e mezzo di unità vendute. Un modello con una fama ed un’identità così affermate che per la nuova generazione, dopo 205, 206, 207 e 208, si è preferito restare sull’otto, segno di continuità, anche se la vettura è tutta nuova, con alcune novità per certi versi conturbanti.

Quale miglior modo per andare alla “scoperta” della nuova 208 se non partendo dalla fabbrica di Mulhouse – storico stabilimento Peugeot – alternandoci alla guida di tutte le progenitrici della nuova arrivata? Si parte proprio dalla 205. Nata nel 1983, fu subito un grandissimo successo per Peugeot. Un modello iconico – vincitore di lì a breve del premio auto dell’anno – che fu in grado si scalare da subito le classifiche di vendita, in primis per un design davvero riuscito, nonché per una dinamica di guida sorprendente.

Ed effettivamente, ancora oggi, con la 1.4 da 68 Cv con cui inizia il nostro “viaggio” alla volta di Ginevra, la cosa che più sorprende è la grandissima sensazione di agilità e maneggevolezza. Nonostante l’età, la piccola 205 fila via che è un piacere, leggerissima nei comandi e con una visibilità che le auto di oggi possono soltanto sognare. Montanti sottili, specchietti poco ingombranti, un’auto che ancora oggi, nonostante l’età, sembra che si possa guidarla con un dito. Il peso contenuto fa il resto, cosicché, anche in autostrada, i 68 Cv del 1.4 aspirato riescono ancora a fare un’egregia figura, mentre con un ritmo allegro e l’assetto morbido, è ben evidente una certa allegria del retrotreno, piuttosto allego rilasciando il gas in maniera barbina. Quasi dimenticavamo. Che spettacolo l’allestimento “Lacoste” della nostra 205. Coccodrillo sul volante, moquette verde, e rivestimento dei sedili “dedicato” per questa Limited Edition che ancora oggi sembra pronta per essere posteggiata, fiera di sé, nei più chic circoli tennistici.

Salutata la “Lacoste”, nel lungo viaggio alla volta del salone, arriva il momento in cui si susseguono le sportive. Un tris di quelli con i fiocchi, che porta all’innamoramento vero. Si parte con la “Cti”, versione Cabrio della 205, che sa tanto d’Italia. Non solo per le targhe nostrane dell’esemplare che abbiamo avuto l’occasione di guidare, ma soprattutto perché le 205 Cti venivano fabbricate da Pininfarina, che ne curò il design ma anche rinforzi della scocca, necessari per sopperire alla mancanza del tetto. Ma la Cti non era di certo una Cabrio da passeggio. Qui la potenza inizia a farsi considerevole, dato che sotto al cofano troviamo il 1.6 aspirato da 115 cv, per uno 0-100 coperto in 9.7 secondi. Insomma, una vettura che ancora oggi sa il fatto suo, e che sorprende per incisività e piglio con cui affronta le curve.

Ma la vera emozione, anzi l’amore, arriva subito dopo. E’ lei che stiamo bramando sin dall’inizio. La mitica, gloriosa, indimenticabile Rallye. Versione alleggerita e spartana che diede vita ad un vero e proprio mito del mondo delle competizioni, con le varie gruppo N e gruppo A che per anni hanno spopolato nelle gare di tutto il mondo, e che ancora oggi continuano a correre gagliarde nei rally storici. In questo caso la poesia arriva da un più piccolo 1.3 alimentato da due carburatori doppio corpo, capace di erogare 103 arrabbiatissimi cavalli transalpini. Una potenza che oggi non sembra nulla di trascendentale, ma basta guidarla per un paio di chilometri per mettersi ad “urlare” di gioia, sincronizzandosi con l’ago del contagiri. Un motore di una cattiveria di quelle ormai inarrivabili con le varie limitazioni e restrizioni su emissioni e quant’altro.

Un piccolo frollino che non sembra chiedere altro che essere “tirato” senza troppa pietà verso il limitatore. E quel cambio, quei rapporti così corti. Che goduria sentirla urlare senza perdere neanche 500 giri tra una marcia e l’altra. Roba da maschio alfa, che diventa ancora più gustosa nel momento in cui il tutto è accompagnato da un telaio ancora oggi a dir poco squisito. Sterzo di una prontezza e di una comunicatività disarmanti, che va a braccetto con un anteriore di una rapidità e di una incisività che non ce n’è per nessuno. Se poi ci mettete una massa a vuoto di appena 790 kg, è facile capire perché le 205 Rallye erano, e sono tutt’oggi, un’arma micidiale tra le curve.

Certo, si ama, ma può anche capitare di tradire. Ma se si tradisce, quantomeno, sarebbe sempre auspicabile farlo per qualcosa di meglio. Quel meglio, in questo caso, è rappresentato da una tra le “regine” delle 205 sportive. La gloriosa e rarissima Gutmann. Una chicca da 160 Cv, una potenza che inizia a far diventare le prestazioni della vettura consigliabili solo a gente con un certo piede, se non altro per l’immediatezza e la prontezza di risposta senza eguali. Questo gioiello (prodotte appena 300, oggi è impossibile trovarne una usata, e se ci riuscite chissà a che prezzo), vedeva crescere la potenza del suo 1.9 grazie all’adozione della testata a 16 valvole presa in prestito dalla 309, a cui si aggiungevano una linea di scarico specifica oltre ad altre “chicche” come l’assetto ribassato di 30 mm, la barra duomi anteriore, il cambio con coppia conica più corta, frizione rinforzata. Il tutto, per polverizzare lo 0-100 km/h in appena 7,2 secondi, con una velocità di punta di oltre 220 km/h.

Insomma, roba che si rischia di far sfigurare una sportiva moderna. Sul guidato poi, complice lo scarico che canta in maniera praticamente corsaiola, curva dopo curva, il coinvolgimento è “assoluto”, con la totale assenza di sottosterzo e quel posteriore sempre bribantello, pronto a seguire all’istante ogni alleggerimento e trasferimento di carico. Niente elettronica, niente esp, è tutto nelle tue mani e nei tuoi piedi. Adrenalina, tanta. Emozioni ancora di più. Ne voglio una. Adesso.

L’ultima “tappa” del nostro viaggio ci vede fare un salto verso il futuro, salendo a bordo di una 206 1.6 aspirata, da 109 Cv, in allestimento “Quicksilver”. E’ quasi incredibile come una vettura nata nel lontano 1998 si sia mantenuta così fresca ed attuale dopo più di 20 anni. La linea è ancora gradevolissima, ed anche l’abitacolo non sembra affatto accusare la maggiore età sopraggiunta da un pezzo. Rispetto alla 205, la silenziosità di marcia, il comfort, sono praticamente paragonabili a quelli di una vettura odierna, con il 1.6 aspirato che consente comunque di togliersi più di qualche soddisfazione, perché è sempre vivo e frizzante, e non serve tirarlo troppo per avere una spinta decisa. E poi, per essere, quantomeno sulla carta, una semplice utilitaria, la 206 vanta ancora oggi un gran bel comportamento su strada, giustificando così l’appellativo di enfant terrible. Una nota di merito, peraltro, va al fatto che la vettura provata, nonostante i 180.000 km segnati dalla strumentazione, sembra essere ancora “freschissima”.

Giunti al Salone di Ginevra, ad aspettarci, lei, quella che a detta di tutti è stata un po’ la regina di quest’edizione 2019 del GIMS. A colpire della nuova 208 è innanzitutto lo stile, mutato in parte dalla 508, con l’anteriore “graffiato”, davvero molto personale, ed il posteriore dotato della fascia che “allarga” visivamente la vettura, facendola sembrare assai muscolosa, ben seduta sulle quattro ruote. All’interno, continuando in quella che è ormai tradizione della casa francese, troviamo i-cockpit, strumentazione digitale con doppio schermo e grafica 3d, senza trascurare la lunga lista di ADAS (sistemi di ausilio alla guida), che saranno pari a quelli di un’ammiraglia. Cresce di poco la lunghezza, che ora arriva a 4,05 cm, mentre diminuisce l’altezza da terra. A diminuire – ottima notizia – è anche il peso, che fa segnare un gradito -30 kg sulla bilancia. Le motorizzazioni saranno i “tradizionali” 1.2 PureTech benzina da 75, 110 e 130 Cv, il 1.5 BlueHdi da 100 Cv, alle quali si affiancherà l’altrettanto attesa versione elettrica, la e-208. Siamo certi, non mancheranno neanche le versioni “pepate”, sperando di vederla presto impiegata anche nel mondo dei rally. D’altronde, 205, 206, 207 e 208 hanno fatto scuola. Un po’ come che mondo sarebbe senza Nutella, che rally sarebbe, senza Peugeot.

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