André Citroen e l’idea della Tour Eiffel illuminata che nel 1927 permise all’aviatore Lindbergh di riconoscere Parigi
Il suo nome sul monumento simbolo della capitale francese
Citroen ci porta a fare un viaggio nel passato e nella genialità di André Citroen, imprenditore francese e fondatore dell’omonima Casa automobilistica, che a metà degli anni ’20 fu tra gli artefici del progetto di illuminare la Tour Eiffel.
In una Parigi che non a caso era chiamata la Ville Lumière, con il centro della città che si accendeva ogni sera e risplendeva di milioni di luci colorate, il progetto d’illuminazione della Tour Eiffel nacque dall’incontro tra alcuni imprenditori ed industriali francesi, convocati nel 1914 dal Ministero della Guerra francese mentre le truppe tedesche avanzano rapidamente verso il cuore della Francia.
L’incontro tra André Citroen e il “mago delle luci” Fernando Jacopozzi
In particolare fu decisivo l’incontro tra André Citroen e Fernando Jacopozzi, un italiano che da anni viveva a Parigi, svolgendo l’attività di decoratore, specializzato nella nuova arte dell’illuminazione elettrica. Jacopozzi, al quale fu affidato il compito di “ricostruire”, con le sue lampadine, un pezzo di Parigi nella vicina foresta di Fontainbleau per ingannare gli Zeppelin tedeschi, e André Citroen si promisero di rivedersi a guerra finita, per far qualcosa insieme.
Nel 1922, con la Grande Guerra che era finita, il “mago delle luci”, Fernando Jacopozzi, era tornato ai suoi monumenti, con l’obiettivo di illuminare un simbolo della capitale francese, niente di meno che la “Dama di Ferro”, la Tour Eiffel. Fu così che, un giorno del 1923, l’italiano andò a bussare alla porta di André Citroen per sottoporgli il progetto.
L’idea di illuminare il simbolo di Parigi
La sua idea era semplice: gli servivano solo 200.000 lampadine, 100 km di cavo ed una piccola centrale elettrica che si sarebbe potuta azionare con le acque della Senna. Poi si sarebbe potuto scrivere il nome “Citroen” sui quattro lati della Tour Eiffel, che sarebbe diventata così l’insegna luminosa più grande al mondo.
La proposta di Jacopozzi, nonostante fosse estremamente interessante, era tuttavia molto costosa ed in quel periodo André Citroen aveva già fatto ingenti investimenti sui mezzi di produzione delle sue autovetture, in particolare per le titaniche presse americane per le monoscocca, ed altre spese già in corso gli rendevano impossibile stanziare una somma come quella necessaria per realizzare il progetto dell’italiano. Tuttavia, nonostante l’impegno economico richiesto, André Citroen seppe riconoscere con grande lungimiranza l’efficacia di tale investimento e così decise di accettare la proposta di Jacopozzi.
La realizzazione dell’opera
I lavori partirono immediatamente: un piccolo esercito composto da circensi (trapezisti e giocolieri), ex militari della Marina francese, scalatori ed acrobati in genere, iniziò a montare le strutture con le lampadine sui quattro lati della Torre, mentre vicino al monumento veniva creata una centrale elettrica da 1.200 kW capace di servire l’intera installazione.
L’accensione avvenne il 4 luglio del 1925. Non è chiaro dove fosse André in quel momento perché i figli fornirono due versioni diverse: che si trovasse su un Bateau-Mouche che scivolava sulla Senna o sullìEsplanade du Trocadéro, in ogni caso André aveva sicuramente tra le mani un calice di ottimo champagne per brindare all’accensione di quella stessa Torre che tanta notorietà avrebbe portato al Double Chevron, rimanendo accesa fino al 1934 e che avrebbe addirittura guidato Charles Lindbergh nel suo volo in solitaria da New York a Parigi.
La Touf Eiffel luminosa guidò il monoplano di Lindbergh
Il 21 maggio del 1927, poco dopo le ore 22, lo Spirit of Saint Louis, il monoplano pilotato da Charles Lindbergh, atterrò all’aeroporto parigino di Le Bourget dopo una trasvolata atlantica in solitaria durata 33 ore e mezza, consacrando alla storia il pilota venticinquenne. I francesi esultarono per il coraggio dell’aviatore americano, ma uno in particolare fu attratto da un altro aspetto di questa grande impresa, che era il suo elevato potenziale in termini di comunicazione. André Citroen era in ottimi rapporti con l’ambasciatore americano Myron Herrick e dopo qualche giorno di frenetiche consultazioni, fu deciso che il 27 maggio 1927, Charles Lindbergh avrebbe visitato gli stabilimenti Citroen. In quell’occasione Lindbergh confiderà ai presenti d’aver scorto dall’alto le luci della Tour Eiffel che, come un faro, l’aveva guidato nell’individuare Parigi.
Negli anni la configurazione della scritta sulla Tour Eiffel cambiò e fu usata per diversi scopi: talvolta esponeva la sigla di un determinato modello Citroen, a volte informava i francesi sulle condizioni metereologiche, grazie ad un termometro con stazione meteo alto 30 metri, e fu utilizzata perfino per scandire le ore, grazie ad un enorme orologio, installato nel 1933, con un quadrante di venti metri di diametro, dotato di lancette e cifre che s’illuminavano dopo il tramonto del sole, che avrà anche il primato d’essere il più grande orologio al mondo di quell’epoca.
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