La crisi dei chip affossa il settore auto: stimate perdite per 180 miliardi di euro

Il peggioramento della situazione taglia volumi e ricavi

La prolungata carenza delle forniture di semiconduttori sta trascinando sempre più nel baratro l’intero settore automobilistico globale. Con il passare delle settimane la crisi dei chip non si attenua, ma anzi peggiora e si aggrava sempre di più facendo lievitare in maniera significativa le perdite di fatturato dell’industria automotive.

Ricavi giù di 180 miliardi di euro

Dopo che qualche giorno fa Stellantis ha sottolineato come la difficile situazione legata alla mancanza di semiconduttori sia difficilmente risolvibile nel breve periodo, e dunque destinata a far sentire i suoi effetti ancora per tanto tempo, a delineare un quadro delle prospettive economiche in netto peggioramento sono le previsioni della società di consulenza AlixPartners. Quest’ultima ha infatti rivisto al rialzo, anche di tanto, le sue stime sulle perdite di fatturato legate alla crisi dei chip: si prevedono per i costruttori 210 miliardi di dollari (circa 180 miliardi di euro) di ricavi in meno, con una flessione di oltre il 7,5% rispetto ai 2.755 miliardi di ricavi del 2020 (elaborazioni McKinsey).

Prevista una perdita di volumi di 7,7 milioni di veicoli

Le stime fornite a gennaio e poi a maggio sulle forniture di microchip hanno inevitabilmente provocato il peggioramento delle previsioni. Se a inizio anno AlixPartners prevedeva perdite di fatturato per 60,6 miliardi di dollari (circa 52 miliardi di euro), a maggio queste erano state incrementate a 110 miliardi di dollari (intorno ai 90 miliardi di euro). Non solo il fatturato, ma anche i volumi produttivi delle Case auto hanno subito un taglio delle stime: se quattro mesi fa si prevedeva una perdita di 3,9 milioni di veicoli, oggi quella stima è quasi raddoppiata con la previsione di chiudere l’anno con 7,7 milioni di veicoli prodotti in meno rispetto al 2020

Il peggioramento delle previsioni rispecchia una situazione operativa caratterizzata da continui stop produttivi. Basti pensare che Toyota, che è tra i costruttori che sta limitando al meglio gli effetti della carenza di chip, ha comunicato che i volumi attesi per il mese di settembre subiranno una riduzione di ben il 40%. In questo scenario complicato, sorprendono meno i tagli alle prospettive del settore auto per il 2021, 2022 e 2023, messi nero su bianco qualche giorno fa da IHS Markit. 

Mancano i semiconduttori, ma anche materie prime 

Alla carenza dei semiconduttori si legano tutta una serie di altri problemi che stanno colpendo pesantemente l’industria dell’auto, come spiega Mark Wakefield, corresponsabile del settore automobilistico di AlixPartners: “Tutti speravano che la crisi dei chip si sarebbe attenuata, ma eventi sfortunati come i lockdown per il coronavirus in Malesia e i continui problemi in altre parti del mondo hanno esacerbato la situazione”. 

I chip non sono l’unica componente che sta mettendo in crisi il settore, dato che la produzione auto deve fare anche i conti con la mancanza di materie prime, acciaio, resine particolari e anche manodopera in alcuni Paesi. A tal proposito, Dan Hearsh, managing partner di AlixPartners, ha affermato: “Nel settore automobilistico, non ci sono più ammortizzatori in grado di assorbire gli shock quando si tratta di attività produttive o approvvigionamento dei materiali. In sostanza, qualsiasi carenza o interruzione della produzione in qualsiasi parte del mondo colpisce le aziende di tutto il mondo e gli impatti sono ora amplificati da tutte le altre carenze”.

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