De Tomaso, l’azienda italiana fallisce ufficialmente
Si chiude l'avventura Rossignolo
A scrivere definitivamente la parola fine all’avventura della famiglia Rossignolo con De Tomaso sono il Tribunale di Torino ed il Tribunale di Livorno, che hanno decretato il fallimento dell’azienda e che quindi hanno chiuso un capitolo poco felice che sporca la storia di questa storica casa automobilistica italiana. L’ultima pagina della vicenda De Tomaso è infatti popolata solo di promesse mai mantenute, di dichiarazioni poco veritiere, di indiscrezioni senza fondamento e di una sola concept car, Deauville (nata su una base fornita da General Motors), che sarebbe dovuta diventare il primo SUV dell’azienda dopo il lancio nel 2011, al Salone di Ginevra, e che invece resterà solo e soltanto un sogno nel cassetto.
Tutto inizia nel 2009: Gian Mario Rossignolo, ex-manager del Gruppo Fiat, acquisisce con i figli il marchio, con l’intenzione di dare vita ad una nuova gamma di automobili e di riportare ai fasti di un tempo il brand. Utilizzando in parte fondi pubblici riesce a rilevare gli impianto ex-Pininfarina di Grugliasco e gli impianti ex-Delphi di Livorno. Ma la produzione non parte mai e per gli oltre mille dipendenti inizia un periodo di battaglie con i proprietari dell’azienda. Passano mesi e per mettere a tacere le malelingue la famiglia Rossignolo tira in ballo misteriosi investitori stranieri, pronti in qualche modo a portare nelle casse (stremate) di De Tomaso nuovi capitali. La colpa della situazione delicatissima (secondo quanto raccontato nelle settimane scorse dalla società) è delle banche e delle istituzioni coinvolte nel progetto di resurrezione del brand, le quali avrebbero tolto l’appoggio alla famiglia Rossignolo, ostacolando la buona riuscita del progetto.
L’alone che infanga la storia di De Tomaso si allarga il 24 aprile, quando il marchio viene posto in liquidità. Le ultime parole di un capitolo infelice sono “incertezza”, quella dei lavoratori, che ora vedono di fronte a sé ombre e dubbi, e “tristezza”, quella che nasce in noi nel leggere la notizia della fine ingloriosa di un simbolo dell’automobilismo sportivo e dell’industria dei motori nostrana.
Ne parleremo ancora, in futuro, per descrivere meglio i contorni di questa vicenda.
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