Fuori dal Tempo: la storia della DeLorean DMC-12 [VIDEO SPECIALE RITORNO AL FUTURO]

Com'è nata la macchina del tempo più famosa di sempre

DeLorean DMC-12, Ritorno al Futuro - Oggi, 21 ottobre 2015, secondo il film Ritorno al Futuro Parte II è il giorno in cui Marty McFly e Doc Brown arrivarono in quello che per loro era il futuro. Per questo abbiamo deciso di celebrare la loro macchina del tempo, ovvero una delle auto più famose della storia del cinema. Questa è la storia della DeLorean DMC-12

Servizio fotografico: Mariano Tedesco

Era il 1989. Nei cinema di tutto il mondo usciva Ritorno al Futuro Parte II, nuovo capitolo del film che aveva avuto un successo strepitoso solamente quattro anni prima e che con gli ultimi due episodi, girati in contemporanea e usciti al cinema ad un anno di distanza l’uno dall’altro, si sarebbero ufficialmente guadagnati il riconoscimento come una delle saghe più amate e di maggior successo della storia del cinema. Fu senza alcun dubbio il ruolo più celebre in assoluto di Christopher Lloyd, interprete del Dottor Emmett “Doc” Brown e mentre per Michael J. Fox questa pellicola rappresentò definitivamente l’approdo nel massimo Star System di Hollywood. La pellicola diretta da Robert Zemeckis e prodotta da Steven Spielberg (due che di film “qualcosina” ne capivano, per così dire), però, non fu solamente la consacrazione di questi due attori, ma anche la salvezza di una casa automobilistica: la DeLorean Motor Company.

Provate a pronunciare davanti a qualcuno il nome di DeLorean. Scommettiamo che chiunque abbia un minimo di passione per il cinema vi risponderà prontamente: la macchina del tempo! Una medaglia al valore che la DMC-12 (questo il nome ufficiale della vettura) si porterà dietro per sempre e che, di fatto, ne ha decretato il successo. Forse non commerciale, ma per gli appassionati senza alcun dubbio. Forse senza Ritorno al Futuro questa vettura non avrebbe avuto tutta la popolarità di cui gode ancora oggi e che fa girare le teste dei passanti in strada come solamente le più lussuose supercar riescono a fare. La DMC-12, del resto, non era una brutta macchina per l’epoca, anzi. Del resto il suo design era firmato da Giorgetto Giugiaro, uno che di auto e design se ne intendeva. Aveva delle particolarità tipiche delle coupé sportive degli anni ’80, con qualche extra che la rendevano davvero particolare. Eppure durante la sua breve vita commerciale, durata appena dal 1981 al 1983, la DeLorean DMC-12 non poteva essere considerato un vero e proprio successo. Ne vennero venduti circa 9.200 esemplari, una grossa fetta dei quali tutt’ora circolanti, ma nel 1985 la DeLorean Motor Company chiuse i battenti per sempre e per il suo fondatore iniziarono i guai.

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Procediamo, però, con calma e iniziamo a parlare proprio di lui, il fondatore. John Zachary DeLorean nacque a Detroit il 6 gennaio 1925 e sin dall’infanzia la sua vita venne segnata dal mondo dei motori. L’impiego del padre presso la Ford lo portò a contatto con le quattro ruote sin da subito e i suoi studi furono sempre diretti verso l’obiettivo di lavorare nel settore automotive. Dopo aver frequentato un Master presso la Chrysler, ottenne il suo primo impiego alla General Motors, all’interno della quale divenne uno dei nomi più importanti del suo settore. Fu lui, di fatto, a salvare il marchio Pontiac con la creazione della Pontiac GTO e con un radicale cambiamento strutturale e di immagine che ne tennero vivo il mito fino ad oggi (triste pensare alla chiusura avvenuta nel 2010). Passò poi alla Chevrolet, ottenendo anche in questo lavoro dei risultati sorprendenti. John DeLorean all’inizio degli anni ’70 poteva dire di essere ormai ai vertici della sua professione e quando raggiungi certi obiettivi puoi fare tre cose: continuare ad avanzare, fermarti oppure lanciarti in qualcosa di folle e ambizioso. Lui scelse quest’ultima opzione.

Una zona periferica di Irvine intorno al 1975 (Wikimedia Commons)

Una zona periferica di Irvine intorno al 1975 (Wikimedia Commons)

Lasciò non benissimo la General Motors, ma ormai il suo obiettivo era stato scelto. Nel 1975 ad Irvine, città alle porte di Los Angeles, fondò la DeLorean Motor Company, non sapendo ancora di consegnare in questo modo il suo nome alla storia. Iniziò immediatamente a lavorare al suo primo prototipo insieme a Williams Collins, ingegnere e designer già incontrato durante la sua esperienza alla Pontiac. Questo prototipo aveva due caratteristiche fondamentali: la prima era una piattaforma costruita attraversa un procedimento chiamato Elasti Reservoir Moulding, che avrebbe permesso in teoria di abbattere in maniera estremamente significativa costi e peso della vettura. La prima DeLorean, infatti, sarebbe dovuta essere decisamente economica: il “12” del nome si riferiva infatti al primo prezzo sperato, vale a dire 12.000 $ dell’epoca (circa il doppio con l’attuale inflazione). Non sarebbe stato però così. La seconda caratteristica era il motore, un V6 Douvrin PRV, prodotto in collaborazione da Peugeot, Renault e Volvo (da cui le iniziali, una meccanica che sarebbe stata utilizzata da queste tre case addirittura fino al 1998 in tutte le sue evoluzioni). Se il motore vene alla lunga confermato, il sistema di produzione si rivelò clamorosamente inadatto alla grande produzione. Occorreva trovare una soluzione. E fu lì che arrivò l’aiuto di Colin Chapman.

Colin Chapman insieme a Mario Andretti (Wikimedia Commons)

Colin Chapman insieme a Mario Andretti (Wikimedia Commons)

Chapman non avrebbe praticamente bisogno di presentazioni. Fondatore e proprietario della Lotus, lo storico pilota e ingegnere di Richmond decise di usare una delle sue creature più recenti per aiutare la DMC-12 ad uscire dal momento di stasi nella quale si trovava. Parliamo della Lotus Esprit. Nel 1981 era stata lanciata la speciale versione Turbo di questa emozionante sportiva e Chapman decise di usare alcuni dei suoi elementi caratteristici per “salvare” il sogno di John DeLorean. Venne ripreso completamente lo chassis e anche le sospensioni furono riportate sulla vettura americana. Non venne invece toccato assolutamente il design di Giugiaro, che tra l’altro era l’autore a sua volta anche della Esprit.

La Lotus Esprit Turbo del 1980

La Lotus Esprit Turbo del 1980

La genesi della DeLorean DMC-12, però, era ben lontana dall’essersi conclusa. Lo stabilimento di produzione fu costruito in Irlanda del Nord, non lontano da Belfast e la catena di montaggio iniziò a lavorare nel 1978. Prima però di poter dichiarare la DMC-12 realmente sul mercato passarono ancora degli anni e nessuno la vide mai realmente su strada prima del 1981. Tra l’altro i primi modelli di quell’anno furono venduti altamente incompleti e per questo senza una vera garanzia (una cosa che sarebbe completamente inimmaginabile al giorno d’oggi). DeLorean, però, aveva un’idea molto particolare su come sviluppare una vettura: John, infatti, rifuggiva dall’abitudine delle case auto di aggiornare ogni tot anni i propri mezzi con il classico “facelift” per poi procedere ad una nuova generazione più avanti ancora. Preferiva aggiornare l’auto man mano che venisse ritenuto necessario, senza per questo davvero creare un vero e proprio facelift da lanciare alla stampa.

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La carrozzeria della DeLorean DMC-12 era una delle sue caratteristiche più peculiari. Era realizzata in acciaio inossidabile AISI 304 e venne commercializzata sempre senza verniciatura, resa così famosa dal suo caratteristico colore grigio metallico. A parte tre esemplari ricoperti in oro zecchino (attualmente esposti in alcuni musei in giro per il mondo), tutte le verniciature vennero sempre eseguite post-vendita. La DMC-12 originale è sempre stata solamente color acciaio (tra l’altro pare che questa scelta venne premiata con una superficie particolarmente facile da lavare e riparare in caso di danni). Le portiere ad ali di gabbiano, dal canto loro, costrinsero DeLorean ad adottare una serie di soluzioni per renderne l’apertura e la chiusura particolarmente facile in considerazione del loro notevole peso. La loro forma, inoltre, portò all’adozione dei piccoli finestrini apribili inseriti in quelli di dimensioni normali fissi, come già avvenuto su altre auto come la Lamborghini Countach.

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Il motore ve lo avevamo già introdotto precedentemente, ma vale la pena parlare di alcune delle sue principali caratteristiche. Montato dietro all’asse posteriore, il PRV V6 presenta una cilindrata da 2,85 litri, con monoblocco e testata in lega leggera. Era capace di sviluppare una potenza massima di 130 CV ad un regime di 5.500 giri, mentre la coppia arrivava a 208 Nm a 2.750 giri al minuto. Era possibile controllarla con due tipi di cambi: un manuale a cinque marce e un automatico da appena tre rapporti. Le sue prestazioni erano tutto sommato buone, per quanto non esaltanti. I dati ufficiali della casa parlavano di uno scatto da 0 a 60 miglia orarie (96 km/h) completabile in 8,8 secondi, anche se alcuni proprietari avrebbero in passato affermato di poter toccare il limite degli 8 secondi. In questo caso, però, non è stato ancora possibile chiarire se ciò fosse possibile con il motore originale dell’auto e non con una variante modificata after-market. La rivista americana Road & Track fece dei test indipendenti per verificare il dato e il loro cronometro si fermò sui 10,5 secondi.

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La DeLorean DMC-12, come detto, sarebbe dovuta costare appena 12.000 $, ma al momento della sua commercializzazione non fu possibile mantenere fede a quel prezzo. Alla fine si arrivò ad un prezzo suggerito a partire dai 25.000 $, che considerando l’inflazione equivarrebbero a più di 53.000 $ attuali. Difficile dire se questo aumento di prezzo possa aver avuto un ruolo nel non esaltante successo della vettura. Dopo un iniziale entusiasmo nei primi due anni di vita (nel secondo dei quali venne tra l’altro finalmente inserita anche una garanzia), la produzione della DMC-12 subì un crollo verticale. Nel 1983 la serie poteva dirsi ufficialmente chiusa. La società era in debito di ben 175 milioni di dollari e di fatto produsse vetture con continuità fino all’ottobre del 1982. Il 19 di quel mese, infatti, John DeLorean venne arrestato con l’accusa di traffico di cocaina, ma le accuse caddero nel giro di un paio di anni quando fu evidente come l’FBI e la DEA, i suoi due principali accusatori, lo avevano praticamente “incastrato” con mezzi non propriamente leciti e con l’aiuto di un suo vicino di casa già nei guai con la giustizia per precedenti fatti di droga e per questo in cerca di collaborazioni facili per ridurre la sua condanna. DeLorean fu assolto da ogni accusa il 16 agosto 1984, ma ormai la sua casa automobilistica era definitivamente fallita.

Tutto ormai sembrava finito. Ma il destino, come al solito, ha sempre un modo molto particolare di giocare con le nostre vite.

Robert Zemeckis nel 1997 (Wikimedia Commons)

Robert Zemeckis nel 1997 (Wikimedia Commons)

Il produttore e scrittore Bob Gale e il regista Robert Zemeckis all’inizio degli anni ’80 erano al lavoro per realizzare una loro folgorante idea: un film su un viaggio nel tempo durante il quale il ragazzino protagonista era in grado di incontrare i suoi genitori da giovani. Per ragioni di età, il film venne ambientato nel 1955, periodo particolarmente intenso per l’industria e la cultura americana. Era necessario, però, decidere cosa fare con la macchina del tempo. Nel famosissimo film The Time Machine (in Italia ‘L’Uomo che Visse nel Futuro’), diretto da George Pal e tratto dal popolare romanzo di H. G. Wells, la macchina del tempo era una sorta di “carrozza” senza ruote (chiediamo scusa ai fan per la descrizione sommaria) in grado di spostarsi nel tempo, ma non nello spazio. Seguendo questa idea Zemeckis e Gale pensarono prima ad una stanza e poi ad un frigorifero. Questi elettrodomestici, però, negli anni ’80 erano ancora una sorta di trappola mortale in molti casi, con porte apribili solo dall’esterno. La paura che i bambini (doveva ovviamente essere un film per famiglie) potessero rimanere intrappolati in quello di casa nel tentativo di “viaggiare nel tempo” era troppo grande (l’idea venne poi riciclata dal produttore dell’epoca Steven Spielberg nel recente ‘Indiana Jones e il Regno dei Teschi di Cristallo’). Occorreva un’altra idea, magari qualcosa che permettesse ai protagonisti di muoversi non solo nel tempo, ma in qualche modo anche nello spazio. E cosa sarebbe stato meglio di un’automobile?

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La DeLorean DMC-12 venne scelta in quanto la sua carrozzeria color acciaio sarebbe stata perfetta per una delle prime scene del film. Marty McFly (Michael J. Fox) al momento del suo primo viaggio verso il 1955 si sarebbe schiantato nel granaio della famiglia Peabody e il figlio più piccolo, appassionato di fantascienza e tratto in inganno dalla divisa antiradiazioni di Marty, avrebbe scambiato la DMC-12 per un disco volante appena arrivato dallo spazio. Fu un trionfo: la DeLorean del film divenne ben più celebre di qualsiasi altra macchina del tempo mai inventata nella storia del cinema. Il film uscì nel 1985 e quindi ormai troppo tardi per poter salvare la compagnia di John DeLorean dal fallimento, ma da quell’istante la sua vettura divenne un pezzo da collezione famoso in tutto il mondo. Quella coupé che altrimenti sarebbe rimasta probabilmente nel cuore di soli pochi appassionati divenne patrimonio culturale del mondo intero. Nel 1989 e nel 1990 uscirono il secondo e il terzo sequel della saga, ormai arrivata a livelli di celebrità inaspettati dagli stessi produttori. La colonna sonora (che purtroppo per una questione di copyright non abbiamo potuto usare nel nostro speciale video), composta da Alan Silvestri, e le canzoni inserite nel film, come Back in Time e The Power of Love di Huey Lewis and the News, divennero delle ‘hit’ indimenticabili e le scene del film vennero citate e riproposte in un numero incalcolabile di media, speciali televisivi, serie TV e film.

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Questa inaspettata popolarità diede un po’ di energie extra a John DeLorean, che per un certo periodo iniziò a coltivare persino il sogno di ricreare la sua azienda e di costruire una seconda auto, che si sarebbe dovuta chiamare DMC2. Di quest’auto, però, non vi è rimasta alcuna traccia e nemmeno sappiamo se il suo creatore avesse mai davvero iniziato a disegnarla almeno in fase prototipale. I suoi ultimi anni di vita furono purtroppo pieni di difficoltà, finché nel 1999 dichiarò bancarotta in seguito a oltre 40 battaglie legali seguite al fallimento della compagnia. Si spense a causa di un infarto il 19 marzo 2005, all’età di 80 anni. Sulla sua lapide venne incisa la sagoma della DMC-12, immortale eredità frutto del suo grande sogno.

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John DeLorean scrisse una lettera di ringraziamento a Bob Gale, per aver dato una seconda giovinezza alla sua DMC-12 (questa lettera è riportata nei contenuti speciali dell’edizione in DVD del film). I suoi sogni e la sua voglia di emergere lo hanno fatto diventare una delle figure di maggior spicco del mondo automotive americano della sua epoca. Finché non decise di imbarcarsi in un’avventura che probabilmente ogni appassionato sogna: consegnare il proprio nome ad un marchio automobilistico. Non solo John DeLorean coronò quel sogno, ma il mondo del cinema ha trasformato la sua unica creatura in un’icona, un simbolo che molto probabilmente non verrà mai dimenticato negli anni a venire.

Un grandissimo ringraziamento al Club Italiano DeLorean, al suo presidente Giacomo Scarcello e ad Alberto Zambon, senza i quali la realizzazione di questo servizio non sarebbe stata possibile. Il Club Italiano DeLorean è raggiungibile sul sito ufficiale DMC12.it.

Immagini di repertorio: Wikimedia Commons

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