Gruppo Fiat: Marchionne e i Sindacati si fronteggiano sulla produzione dell’utilitaria Panda
Se vi aspettavate che la crisi fosse passata, alla stessa stregua di un fuoco di paglia, non avete fatto i conti con gli strascichi, forse più burocratici che concreti, che pesano ancora sulle teste di manager, lavoratori, costruttori. Il malcontento si è abbarbicato come una malattia infettiva e, per sradicarlo, Sergio Maerchionne, Amministratore Delegato del Gruppo Fiat, colui che alla cravatta preferisce il maglione, ricorre all’ultimatum bellico, sbraitato in faccia ai Sindacati: approvate il nostro progetto o sarà improbabile scendere ancora a patti.
Facciamo un passo indietro. Il CEO aka Marchionne sta tentando di negoziare il riutilizzo dello stabilimento di Pomigliano d’Arco, dopo la possibilità di chiusura ventilata in ossequio al programma di efficienza richiesto all’industria. È Panda la candidata: spostare la produzione dell’utilitaria italiana da Tichy, in Polonia, allo Stivale sarebbe la giusta pedina da muovere, ma necessiterebbe di tagli e di forza lavoro e di costi.
I Sindacati temporeggiano. Il buon Sergio non ci sta più: sta perdendo tempo in investimenti di più ampio respiro, non ha più minuti da concedere: il 4 giugno, i rappresentanti dei lavoratori sono chiamati a raccolta e possono dire il loro “si” ad un nuovo amore platonico tra classe dirigente e operai. Altri ritardi non verranno tollerati: Panda viene sballottata da una parte all’altra, come colpevole di azioni criminogene, che invece sono imputabili ad un’economia claudicante.
Non ci saranno più trattative, per Marchionne, se i Sindacati non approvassero la manovra proposta.
Chi vedrà la vittoria? Per quale delle due fazioni parteggiate? Qual’è il cattivo, secondo voi?
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Non è il caso di parteggiare. Si tratta semplicemente di trovare un compromesso tra “convergenze parallele”. Entrambi i motivi sono validi. Ma (siamo nel 2010) il coltello dalla parte del manico sembra averlo di più Marchionne…