Crisi dei semiconduttori: la fine dell’emergenza è prevista per il 2023
Dal prossimo anno domanda e offerta torneranno in equilibrio
La fine della crisi dovuta alla carenza di semiconduttori potrebbe arrivare nel 2023 secondo le previsioni di McKinsey & C., nota società di consulenza gestionale americana. Un ritorno alla normalità dell’equilibrio tra domanda e offerta di chip viene dunque fissato al prossimo anno, quando le aziende che producono componenti elettronici, in particolare quelle di Taiwan, raggiungeranno una migliorata capacità produttiva.
Domanda di chip crescerà al ritmo del +15% all’anno
La mancanza di chip è stato un problema significativo per il settore automobilistico, con tante Case che nei mesi scorsi sono state costrette a ridurre o fermare del tutto le linee produttive, obbligate a posticipare le consegne con ingenti ritardi per chi aspettava l’auto nuova appena acquistata. Ora finalmente s’intravede la fine a questa situazione emergenziale, anche perché con l’aumento della domanda di veicoli elettrici e una maggior diffusione di sistemi di guida automatizzata gli analisti prevedono per i prossimi anni che la richiesta di semiconduttori destinata alle auto subisca un accelerazione intorno al +15% all’anno.
Gli investimenti dei privati e il piano dell’Ue
Nel 2021 le vendite di semiconduttori hanno raggiunte un valore complessivo di 600 miliardi di dollari, business destinato a crescere ulteriormente in futuro, considerando l’importanza cruciale dei chip per le auto elettriche, con veicoli sempre più zeppi di elettronica. In uno scenario del genere, diverse aziende stanno investendo nella produzione di chip, come nel caso di Bosch, che guida il consorzio europeo composto da soggetti pubblici e privati, che ha già avviato la produzione di semiconduttori al carburo di silicio (SiC).
Un intervento ancora più strutturale lo metterà in atto anche l’Unione Europa che ha recentemente approvato l’European Chips Act, il piano d’investimento relativo alla produzione di semiconduttori che prevede finanziamenti complessivi per 45 miliardi di euro, al fine di ridurre la dipendenze dell’industrie del Vecchio Continente dalla forniture estere, quelle asiatiche in primis. Con il Chips Act l’Europa ambisce in pochi anni a raddoppiare la quota di mercato mondiale dei chip, passando dall’attuale 9% al 20% nel 2030.
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