DriveNow e Car2go: matrimonio strategico o tentativo estremo di salvarsi dal fallimento?

I due colossi del car sharing annunciano una fusione che ha del clamoroso

Drive Now e Car2go - Dietro ai due servizi ci sono i colossi dell’automotive Bmw e Daimler – Mercedes, che si unirebbero (serve l’ok dell’antitrust) per sbaragliare il mercato. In realtà i servizi sono ben lontani dall’essere un affare, vi spieghiamo perché
DriveNow e Car2go: matrimonio strategico o tentativo estremo di salvarsi dal fallimento?

Qualche anno fa, quando i sistemi si mobilità condivisa sono arrivati in Italia, in molti davano per certo che di lì a poco sarebbero stati i pilastri, o almeno una delle modalità principali, dei fatturati delle case automobilistiche. Le vendite delle vetture, così come siamo stati abituati a conoscerle, sarebbero destinate ad essere soppiantate da altre forme di fruizione dell’auto, dal noleggio, a servizi come Uber oppure il car sharing, appunto. In parte è vero, pensate a quante persone ormai, più che al prezzo di listino, badino al costo della rata mensile del noleggio a lungo termine, due valori che non sono sempre esattamente proporzionali tra loro, anche per via delle policy delle case coinvolte, ma non solo. Quanto invece al car sharing, il business è ben lontano dal decollare, almeno in quanto a redditività economica.

Se la vediamo dal punto di vista dei numeri, alcuni sono eclatanti e positivi, pensate che a Milano una persona su due è iscritta almeno ad uno dei servizi disponibili, ben oltre 600 mila su una popolazione di circa 1.3 milioni di persone (che passano però quota 3 se allarghiamo il bacino d’utenza anche alla provincia). La capitale economica del Bel Paese è anche regina in termini di veicoli a disposizione con il 43% del totale nazionale, quasi 3.300 auto tra i vari servizi attivi (nel 2013 non raggiungevano le 1.000).

Tra questi, due dei più importanti sono proprio quelli coinvolti dalla fusione annunciata. A livello globale Car2go arriva da sola a coprire 3 milioni di utenti registrati, in 26 città e con 14 mila veicoli a disposizione, altre 6 mila vetture le mette in campo DriveNow, per un totale di 20 mila auto e 31 città coperte. Un business che da questo punto di vista è letteralmente esploso in circa 5 anni, se pensate che BMW a Milano ha debuttato solo 2 anni fa, mentre dal 2011 al 2014 era attiva unicamente all’interno dei confini della Germania. Car2go ha alle spalle qualche anno di esperienza in più, essendo nata nel 2008, ma anch’essa ha visto solo nel 2013 la presenza sul nostro mercato, prima a Milano, l’anno successivo a Roma e Firenze.

Sia BMW che Mercedes hanno recentemente acquistato quote delle rispettive due società di car sharing (per DriveNow il 50% da Sixt e per Car2go il 25% da Europecar), salendo in entrambi i casi al 100%, proprio per poi poter liberamente gestire la fusione tra le due aziende. Una scelta strategica che ha del clamoroso, da alcuni punti di vista. Acerrime rivali dirette sul mercato delle auto che si uniscono in una iniziativa, che dovrebbe rappresentare una porzione consistente del loro business nel futuro. Perché? Proviamo a scoprirlo.

Lasciamo a margine di questa nostra riflessione alcune valutazioni, come quella sui comportamenti “molesti” degli utenti, che lasciano le vetture parcheggiate in modo selvaggio, danneggiate e maltrattate, spesso ai margini dell’area utile, costringendo i vari operatori a recuperarle a loro spese per dislocarle in modo ottimale, oltre che allo studio di sistemi di incentivi e disincentivi per far sì che le auto vengano lasciate in zone dove il servizio è più richiesto. Queste cose, purtroppo, fanno fisiologicamente parte del “business” dei servizi di sharing, su cui ovviamente incidono negativamente.

Altro aspetto che sarebbe interessante approfondire, è legato all’effettiva utilità e profittabilità economica del “business dello sharing”. Alcuni anni fa sembrava una strada obbligatoria, ora non tutti sono d’accordo. Sembra essere quasi una “bolla”, il cui successo è legato a condizioni di crisi economica, o quantomeno di crescita ridotta. Così negli Stati Uniti, quando l’economia è cresciuta con ritmi più interessanti, le aziende di Sharing hanno visto diminuire il loro business. Qualcuno potrebbe leggerla in modo estremo e sintetico con il concetto che si condivide un bene quando non ce lo si può permettere, ma nel momento che si guadagna abbastanza per comprarlo, si smette di fruire di forme di sharing. Sono però tutte valutazioni che scontano le interpretazioni personali, perché questo tipo di servizi è ancora troppo giovane per capire come si muoverà il mercato da qui a 10 anni, o anche meno.

Quello che possiamo leggere in modo oggettivo, sono quei numeri che Car2go e DriveNow si guardano bene di sbandierare ai quattro venti, che noi invece siamo andati a leggere negli ultimi bilanci depositati dalle due aziende. Scopriamo così che la società di car sharing che fa capo a Mercedes ha un fatturato in crescita, circa 17 milioni di euro nel 2016, contro poco più di 15 nell’esercizio precedente. Quello che fa letteralmente paura è il risultato economico, perché se il 2015 è stato chiuso con una perdita di 7,5 milioni di euro, il 2016 le ha viste salire a 9,6! Spostandoci in casa BMW l’analisi è meno significativa, essendo il 2016 il primo anno, con dati quindi parziali e legati a fattori tutti da valutare. Diciamo che comunque, fatturare meno di 600 mila euro, con una perdita di quasi 2,8 milioni, non è propriamente un affare.

Alla luce dei dati di bilancio, la fusione strategica sembra essere quindi un tentativo di mettere i problemi a fattor comune, nella speranza che possano trovare una soluzione, più che la creazione di un colosso in un business che, numeri alla mano (quelli legati al simbolo dell’euro) sembra tutt’altro che un successo. A meno di pensarlo in modo più globale, perché lo sharing potrebbe diventare interessante, ad esempio, con i numeri e le logiche di un Paese come la Cina. Che sia questo il vero obiettivo per rendere il tutto più sensato a livello economico?

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2 commenti

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  • Gianni ha detto:

    Amazon ci ha messo nove anni per arrivare al primo bilancio in utile.

  • Matteo Pozzi ha detto:

    Ciao Gianni, hai perfettamente ragione, il tuo ragionamento fila solo per DriveNow (forse), il cui primo bilancio è del 2016, ma attenzione che Car2Go non è nata ieri ed ha perdite sempre più ingenti, sia in valore assoluto che in percentuale sul fatturato. Quello che a nostro avviso inizia ad essere evidente è che questo modello di business non sia in grado di decollare, almeno in Europa. Ti assicuriamo che è un parere condiviso da molti di quelli che non si sono limitati a pubblicare la notizia sulla base di un comunicato stampa, ma hanno cercato di approfondire il tema, non solo andando a leggere i bilanci (pubblici) delle due succursali italiane di queste due realtà. I numeri sono irrisori rispetto ai bilanci di BMW e Mercedes, però quello che si prospettava come una idea di fruizione di massa dei veicoli, sembra essere sempre più un flop. Comodo per chi ne fruisce forse, ma poco vantaggioso per chi lo offre.

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