Ritorno al Futuro dell’auto: l’Italia chiede all’Europa di tornare sulla terra
Per i 10 anni di ConfCommercio Mobilità il settore chiede di ripensare la transizione
Pochi argomenti sono stati in questi anni delicati e complessi come il Green Deal (la strategia lanciata nel 2019 dalla Commissione von Der Leyen che punta a rendere l’Europa climaticamente neutrale entro il 2050) e le sue conseguenze sul settore automotive. Per quanto su alcuni aspetti la strategia abbia ottenuto risultati concreti (emissioni tagliate del 32% rispetto ai livelli del 1990 e spinta industriale verso politiche più sostenibili), su altri lo scontro è aperto e ancora piuttosto aspro (scontro con la realtà economica e sociale, resistenze politiche e diseguaglianze sociali). Tutti questi aspetti sono stati protagonisti assoluti dello speciale evento Ritorno al Futuro, organizzato a Milano per celebrare i 10 anni di attività di ConfCommercio Mobilità. Molti sono stati gli ospiti, compreso il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini in collegamento digitale, che hanno portato alla luce diversi punti di vista dell’industria automotive nei confronti del Green Deal e della competitività del mercato europeo e italiano. Il dibattito, molto sentito, è stato comunque alleggerito dal pregevole e divertente racconto della storia dell’auto scritto e presentato dal noto storico, autore e podcaster Guido Damini, ospite dell’evento.

Critica al Green Deal
“[Il Green Deal] non è un obiettivo sbagliato – ha precisato Simonpaolo Buongiardino, Presidente di ConfCommercio Mobilità – Ridurre l’impronta carbonica è un impegno condivisibile da tutti. Tuttavia, da questa impostazione è nata un’ideologia che ha considerato le emissioni di CO2 solo allo scarico, e non durante l’intero ciclo di vita del veicolo. C’è un solo tipo di vettura in grado di raggiungere lo zero emissioni allo scarico: quella elettrica. L’obiettivo sarebbe dovuto essere quello di favorire una pluralità di tecnologie in grado di evolvere nel tempo, invece questa visione ha portato a un’ideologia che non ha tenuto conto di un fatto: la Cina deteneva già allora il predominio in questo settore. Così, abbiamo finito per ridurre al minimo la produzione automobilistica europea”.
In realtà la parola chiave dell’evento è stata senza dubbio “neutralità tecnologica”, ovvero il raggiungimento degli obiettivi ecologici a prescindere dalla tecnologia utilizzata, e quindi fuggendo dall’impressione che l’elettrico sia l’unica strada percorribile. L’argomento è stato sottolineato con particolare convinzione da Isabella Tovaglieri, Europarlamentare della Lega, componente della Commissione per l’Industria, la Ricerca e l’Energia, Carlo Fidanza, Europarlamentare di Fratelli d’Italia, e Raffaele Fitto, Ministro per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR nel Governo Meloni. “La transizione non può essere a senso unico – ha dichiarato l’on. Tovaglieri – Il futuro dell’auto europea passa dalla neutralità tecnologica e dal riconoscimento dei biocarburanti come alternativa concreta all’elettrico”.

Tovaglieri: “Il 2035 va cancellato”
“Costringendo tutti a produrre elettriche, l’unica variabile sarà il prezzo. E i cinesi vinceranno sempre” ha continuato l’on. Tovaglieri e anche l’on. Fidanza ha sottolineato la dipendenza strategica che l’Europa ha con Pechino in termini di batterie, terre rare e microchip. Questo, giustamente, ha portato molti a ritenere la corsa sull’elettrico troppo dipendente dai rapporti con la Cina e, per mantenere una certa indipendenza industriale, sarebbe più saggio legarsi anche a tecnologie alternative che possano poggiare di più sulle risorse che sono già in mano al Vecchio Continente. “Tra il 2021 e il 2027, quasi 60 miliardi di euro dei fondi della politica di coesione sono investiti in ferrovie, strade, porti e collegamenti di mobilità urbana – ha spiegato l’on. Fitto – Oltre 23 miliardi di euro sono destinati a progetti di trasporto urbano guidati da piani di mobilità sostenibile. Nel quadro dello strumento per la ripresa e la resilienza, gli Stati membri hanno stanziato quasi 83 miliardi di euro per i trasporti intelligenti e sostenibili. Il nostro progetto è utilizzare semplificazione e flessibilità per ottenere una maggiore integrazione delle politiche per i trasporti e il turismo con quelle per lo sviluppo regionale o per le aree rurali. Lo riteniamo fondamentale per migliorare l’impatto delle politiche europee sulla vita quotidiana dei cittadini e delle nostre imprese”. L’obiettivo più immediato al momento è puntare su clausole di revisione biennali sui target climatici e, possibilmente, rivedere il bando ai motori endotermici del 2035. “Il 2035 va cancellato – ha ribadito con forza l’on. Tovaglieri – Non si può sostituire un parco auto in 10 anni”.

Attacco frontale al Green Deal
Il Vicepremier e Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha ribadito la sua posizione critica nei confronti del Green Deal europeo: “Non dobbiamo rallentarlo, dobbiamo azzerarlo”, ha affermato, definendolo “un abbaglio” che avrebbe penalizzato l’industria continentale. Un intervento dai toni forti, che riflette l’esasperazione di una parte del mondo produttivo di fronte a una transizione percepita come troppo rapida e poco realistica. Sul piano pratico, tuttavia, più che un azzeramento, a Bruxelles si discute oggi di revisione e adattamento del Green Deal, con l’obiettivo di introdurre maggiore neutralità tecnologica e di bilanciare le ambizioni ambientali con la salvaguardia della competitività industriale. “A Milano oggi ci sono diverse aree – A, B e C – che stanno trasformando la città in uno spazio accessibile solo ai ricchi. La mobilità deve essere parte di un disegno urbano equilibrato, inclusivo, non riservato a pochi. Le piste ciclabili vanno benissimo, e ne stiamo finanziando decine, ma attorno ai laghi, non all’interno delle città, dove finiscono per bloccare la circolazione. Dobbiamo invece incentivare le due ruote, moto e scooter, permettendo loro di percorrere le corsie preferenziali”.

Confronto pubblico necessario
Al di là delle differenze di vedute, l’incontro di Milano ha rappresentato un momento significativo di confronto tra politica, istituzioni e imprese del settore automotive. Dopo anni di dibattiti condotti spesso a distanza, il fatto che rappresentanti europei, associazioni di categoria e attori industriali si siano ritrovati attorno allo stesso tavolo è un segnale di maturità e di necessità. La transizione verso una mobilità sostenibile richiede infatti non solo scelte tecnologiche, ma anche dialogo, ascolto e visione condivisa: condizioni essenziali per costruire un futuro dell’auto che sia davvero europeo, e non semplicemente imposto dall’alto.
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