Salone di Ginevra 2010: Audi RS5, l’ultima nata con tecnologia Quattro

Salone di Ginevra 2010: Audi RS5, l’ultima nata con tecnologia Quattro

La tecnologia quattro della Audi festeggia un’importante ricorrenza: il 3 marzo 1980 al Salone di Ginevra si accesero i riflettori sulla capostipite delle vetture quattro. Ebbe così inizio un’avventura vincente nelle competizioni e sulla strada che ancora appassiona. Oggi, 30 anni dopo, la Audi presenta l’ultimo stadio evolutivo della sua tecnologia di successo.

La tecnologia quattro

Quanta potenza è in grado di tollerare la trazione anteriore? Fu questa la domanda cui nell’inverno del 1976/1977 un team di tecnici Audi cercò di rispondere con una serie di prove in Svezia. I prototipi camuffati con motori a cinque cilindri da 170 CV si dimostrano valorosi. Ma non avevano possibilità nei confronti del concorrente fuoristrada rialzato da 75 CV dotato di trazione integrale inseribile: il veicolo militare Iltis, che la Audi aveva sviluppato come successore della Munga.

Un’auto che distribuisce la forza propulsiva su tutte e quattro le ruote riesce ad ottenere su ciascuna di esse più tenuta laterale di quanto non faccia un’auto a trazione posteriore o anteriore. La sua trazione e il suo comportamento in curva sono migliori. L’obiettivo degli ingegneri era quello di realizzare una vettura Audi sportiva a trazione integrale permanente, dotata di una potenza adeguata.

Il progetto iniziò nella primavera del 1977 e venne contrassegnato con il numero d’archivio 262. A fungere da padri c’erano tre giovani ingegneri: il Dr. Ferdinand Piëch, Direttore del settore tecnologie, Walter Treser, Responsabile di progetto e Jörg Bensinger, Responsabile dell’area sperimentazione chassis. Internamente il prototipo venne denominato A1: si trattava di una Audi 80 della prima generazione appositamente modificata, con passo leggermente allungato e con il cinque cilindri turbo del futuro modello 200. Come sospensione posteriore si usò un secondo avantreno Mc-Pherson, ruotato di 180 gradi.

Sui percorsi innevati dell’Altura di Turrach in Stiria, Austria, la vettura sperimentale con la sigla IN – NC 92 nel gennaio 1978 convinse per i suoi punti di forza in termini di trazione. L’ok decisivo arrivò dal Presidente del Consiglio di Amministrazione Volkswagen Toni Schmücker nel maggio 1978. Uno degli ingegneri del progetto conosceva un ripido pendio erboso a Stammham, nei pressi di Ingolstadt, che i vigili del fuoco locali irrigarono completamente. Schmücker si sedette al volante della A1 e con estrema facilità percorse il pendio fino in alto.

La moglie di Ernst Fiala, Direttore del settore tecnologie della Volkswagen, che invece aveva guidato la A1 nel traffico urbano di Vienna, si lamentava di problemi nell’affrontare le curve strette. “L’auto sobbalza”, diceva. Nelle curve, infatti, le ruote anteriori compiono un tragitto leggermente maggiore di quelle posteriori, per questo devono essere in grado di girare più velocemente. Nel prototipo non si riusciva a farlo, perché gli assali erano collegati rigidamente. I progettisti Audi si concentrarono soprattutto su due obiettivi: la trazione integrale doveva essere di tipo permanente e doveva cavarsela senza ripartitore di coppia separato con tanto di secondo albero cardanico.

L’albero cavo: il lampo di genio della Audi

A Franz Tengler, Caporeparto nella progettazione dei cambi, venne un’idea tanto semplice quanto geniale: sistemò nel cambio un albero secondario cavo e lungo 263 mm attraverso il quale il moto poteva fluire in due direzioni. Con la sua estremità posteriore esso azionava la scatola del differenziale centrale a bloccaggio manuale; integrato nel cambio, indirizzava attraverso l’albero cardanico il 50% della forza motrice al retrotreno, che disponeva di un proprio blocco differenziale. L’altra metà della forza veniva scaricata sul differenziale dell’avantreno attraverso un albero condotto collocato all’interno dell’albero cavo.

L’albero cavo consentiva la realizzazione di una trazione integrale praticamente senza torsioni, leggera, compatta e dal rendimento efficiente, che si prestava, e questo era il fattore decisivo per sfondare, non più soltanto per fuoristrada e autocarri lenti, bensì proprio per vetture sportive e veloci e, addirittura, per la produzione in grandi serie.

Ora rimaneva una sola questione in sospeso: il nome della nuova auto. Una delle proposte era “Carat”, l’abbreviazione di Coupé All Rad Antrieb Turbo (coupé turbo a trazione integrale). Il Responsabile di progetto, Treser, ebbe un’idea migliore: fu così che nacque la quattro.

La capostipite delle quattro

“Era nostro intento realizzare un’auto che sembrasse attaccata alla strada, che fosse il simbolo stesso della tenuta di strada. Non doveva balzare all’occhio per l’eleganza, ma per le sue potenzialità. Proprio questa è stata l’idea che alla fine è risultata giusta, onesta e vincente” dichiarò Hartmut Warkuß, allora Responsabile del design, parlando della prima quattro.

Derivata dalla Audi 80 Coupé, ma rivestita da una carrozzeria spigolosa, la due porte color bianco fu presentata il 3 marzo 1980 in un palazzetto di pattinaggio artistico vicino all’area fieristica di Ginevra su una piattaforma rotante rialzata, decorata con una composizione floreale. La cinque posti aveva un passo compatto di 2.524 mm e una lunghezza di 4.404 mm. Il Dr. Ferdinand Piëch, Direttore del settore tecnologie, era perfettamente consapevole del significato dell’evento. Concluse il suo intervento con la frase: “Questo è il debutto della trazione integrale per vetture da strada”.

200 CV (147 kW) e 295 Nm: la Audi quattro come autovettura

La Audi quattro era una vettura intelligente e funzionale. Come motore montava un cinque cilindri turbo dal rombo vigoroso, installato davanti in posizione longitudinale, come tipico della Audi. Il due valvole con 2.144 cm3 di cilindrata, una pressione di alimentazione di 0,85 bar e intercooler erogava una potenza pari a 200 CV (147 kW) e una coppia di 285 Nm. In 7,1 secondi la quattro scattava con i suoi quasi 1300 chili di massa da 0 a 100 km/h e la velocità toccava i 220 km/h. Nel prezzo base di 49.900 marchi tedeschi, allora una somma non irrilevante, erano inclusi cerchi fucinati in formato 6Jx15 con pneumatici della serie 225/50, sedili sportivi e fendinebbia.

La produzione iniziò alla fine del 1980 nel capannone N2 di Ingolstadt dedicato alla realizzazione dei modelli unici, soprattutto con una lavorazione tipicamente artigianale. In un primo momento la Audi aveva programmato solo una serie minima di 400 esemplari che dovevano servire a ottenere l’omologazione delle auto da gara ai mondiali di rally. Ma il rivoluzionario concetto di trazione e l’elevato dinamismo affascinarono il pubblico sin dal primo giorno e la Casa faticò a soddisfare la domanda. La produzione cessò nel maggio del 1991 con un totale di 11.452 esemplari realizzati.

Negli undici anni successivi la Audi dedicò alla quattro cure amorevoli. Gli interni divennero sempre più confortevoli senza perdere il loro carattere strettamente funzionale. Nel cockpit furono integrati display digitali nello stile dell’epoca e temporaneamente una funzione acustica per gli allarmi alla quale prestò la voce Patricia Lipp, la giornalista che leggeva le notizie sul traffico al Bayerischer Rundfunk. Il telaio continuò ad essere migliorato con bracci trasversali, ammortizzatori telescopici McPherson e freni a disco integrali, nonché con l’introduzione di un sistema antibloccaggio.

Nel 1984 uscì la Sport quattro con passo corto e lunghezza ridotta come modello di omologazione della nuova auto da rally. Il suo nuovo motore turbo a quattro valvole con basamento in alluminio aveva una potenza di 306 CV (225 kW), materiali leggeri e kevlar ridussero il peso della carrozzeria. Il prezzo di vendita della “Corta”, come fu soprannominata la Sport quattro dal pubblico, era assolutamente proibitivo: 203.850 marchi tedeschi. Di questa supersportiva vennero prodotti 224 esemplari. Nella versione da strada, con 220 CV, la tecnologia delle quattro valvole venne introdotta di serie nel 1989.

La novità principale arrivò a fine estate del 1987 quando fu introdotto non solo un motore di cilindrata leggermente più grande, sempre da 200 CV, ma anche il cosiddetto differenziale Torsen, un ingranaggio elicoidale autobloccante che andava a sostituire il differenziale a bloccaggio manuale. Il nome Torsen deriva dall’inglese “torque sensing” che significa “sentire la coppia”.

Il dispositivo distribuisce la coppia costantemente a seconda delle necessità, trasmettendone fino al 75% all’asse con maggior trazione. Grazie al differenziale Torsen, la cui azione bloccante si attiva solo sotto l’effetto della trazione, il sistema ABS resta sempre efficace.

Le quattro nelle competizioni

L’idea di un’auto da rally nacque alla Audi contemporaneamente al concetto della quattro di serie e cominciò a prendere forma nelle menti dei progettisti già nel 1977. Con una Audi 80 a trazione anteriore il team di Ingolstadt si avvicinò ai mondiali di rally riuscendo poi, con grande abilità diplomatica, a far modificare la regolamentazione e a far accettare anche la trazione integrale. Le prime quattro da competizione furono testate nel 1980 come prototipi. Nello stesso anno la VW Iltis, sviluppata e utilizzata dalla Audi, vinse il rally Paris-Dakar con quattro ruote motrici.

Nei primi giorni del 1981 la Audi irruppe sulla scena dei campionati mondiali, allora ancora piuttosto tranquilla, come una forza della natura. La quattro, al tempo da 310 CV, debuttò al rally di gennaio, in Austria, che non rientrava nel campionato mondiale. Il fuoriclasse locale Franz Wittmann vinse subito, con un vantaggio di oltre 20 minuti sul secondo classificato.

Anche con il suo debutto ai mondiali, al rally di Monte Carlo, la quattro dimostrò la sua superiorità. Sulla neve, ovvero in condizioni ideali per la trazione integrale, Hannu Mikkola vinse le prime sei prove speciali ma fu fermato da un incidente. Nel rally di Svezia, invece, il finlandese si aggiudicò la prima vittoria. La francese Michèle Mouton fu la prima donna a vincere una corsa del campionato mondiale, a San Remo; Mikkola si impose di nuovo al rally RAC. Alla fine dell’anno di debutto della Audi, era al terzo posto nella classifica del mondiale piloti.

Già nel 1982 la quattro era praticamente imbattibile e con sette vittorie la Audi impose nuovi parametri aggiudicandosi in modo perentorio il titolo mondiale dei costruttori. La Mouton vinse in Portogallo, Grecia e Brasile ma un guasto nella penultima corsa in Costa d’Avorio le costò il titolo piloti che invece si assicurò Hannu Mikkola nel 1983 vincendo in Finlandia, Svezia, Argentina e Portogallo.

Tripla vittoria alla “Monte”: il debutto nella stagione 1984

Anche l’anno successivo iniziò con un trionfo. Il due volte campione del mondo appena ingaggiato, Walter Röhrl, vinse il rally di Monte Carlo davanti al suo compagno di squadra Stig Blomqvist (Svezia) e Hannu Mikkola. Al traguardo il co-pilota Christian Geistdörfer si congratulò con lui pronunciando queste parole: “Sai che non sei mai andato così veloce nella tua vita?” Alla fine della stagione la Audi dominava di nuovo la classifica dei costruttori con sette vittorie; cinque ascrivibili a Blomqvist che divenne campione del mondo davanti a Mikkola.

Il 1984 fu però anche l’anno in cui il rallismo intraprese una nuova direzione. La concorrenza sfruttò il regolamento estremamente permissivo dell’allora Gruppo B portando sulla linea di partenza auto con motore centrale che, essendo puramente funzionali allo scopo, non avevano alcuna correlazione con la produzione in serie. Anche a Ingolstadt si tentò di passare a un concetto simile e fu realizzato un prototipo. Il progetto però venne abbandonato e il motore continuò ad essere installato davanti in posizione longitudinale.

La nuova arma della Audi era la Sport quattro con un passo di soli 2.224 mm: un tentativo di rendere la vettura più leggera e agile con una drastica riduzione di 300 mm. La “Corta” venne impiegata a partire da maggio parallelamente alla vecchia vettura ma faticò ad affermarsi. Solo nella penultima corsa in Costa d’Avorio Blomqvist conquistò la prima vittoria. La Audi doveva continuare su questa strada.
Il 1° luglio 1985 venne omologato l’ultimo stadio evolutivo, la S1, che grazie al suo carattere estremo scrisse a grandi lettere la storia del rallismo. Il cinque cilindri in alluminio erogava ufficialmente 476 CV (350 kW) e 480 Nm di coppia ma con il sistema di ricircolo dell’aria, che fa girare meglio il turbo, i cavalli disponibili sugli 8.000 giri erano sicuramente almeno 500 (370 kW).

Con un rapporto di trasmissione medio, la S1 si catapultava con i suoi 1.090 kg di massa in 3,1 secondi da 0 a 100 e in 11,8 secondi raggiungeva i 200 km/h. Togliendo il gas, lingue di fuoco lunghe metri fuoriuscivano rombando dal tubo di scarico. “È come correre su un proiettile”, disse Walter Röhrl, “come un’esplosione. Tutto è così inconcepibilmente veloce che persino il pensiero è già troppo lento”.

Il primo cambio a doppia frizione: alta tecnologia sulla S1

Per la catena cinematica della quattro era possibile scegliere diversi differenziali: a lamelle, Torsen e tradizionale. Nell’ultima corsa della stagione, il RAC Rally britannico, Walter Röhrl disponeva di un cambio a doppia frizione, precursore dell’attuale S tronic, che veniva innestato pneumaticamente tramite un lungo piantone.

Come ossatura venne utilizzato un telaio tubolare pannellato in lamiera d’acciaio e plastica; per favorire la ripartizione della massa, il radiatore, le ventole e l’alternatore erano posti sulla coda. Grandi alettoni miglioravano la deportanza nei tratti veloci, i freni venivano raffreddati ad acqua.

Walter Röhrl ha poi riformulato il tutto con queste parole: “Spingere la quattro con quel motore pesante in curva era un po’ come maneggiare una mazza pesantissima. Ma a compensare c’era quell’indescrivibile trazione. Era un’esperienza talmente avvincente che le emozioni di allora in me sono ancora vive. Quattro ruote motrici: per me sono proprio loro a far la differenza”.

Ma i giorni del Gruppo B erano ormai contati, la sfrenata corsa verso l’eccesso sia tecnico che organizzativo aveva cambiato il mondo del rally.
Su strade anguste, che affiancavano dirupi scoscesi, sul ghiaccio lucido, su duro pietrisco e asfalto scivoloso, la fisica tradizionale aveva cominciato a mostrare lacune; curve fino ad allora sicure divennero strette e insidiose. E i fan in Sud Europa, travolti da un’isterica euforia, rendevano tutto ancor più pericoloso. Come in una corsa coi tori si mettevano ai bordi della pista o vi entravano, per farsi da parte poi solo all’ultimo secondo.

La fine del Gruppo B si delineò nella primavera del 1986 quando durante le gare dei mondiali in Portogallo e Corsica tre spettatori e due partecipanti perdettero la vita per incidenti. La Audi, pur avendo partecipato con una gamma ridotta, si ritirò dalla serie. La nuova auto con motore centrale, sviluppata per il previsto Gruppo S, non venne più utilizzata; la federazione mondiale FISA deliberò l’adozione del regolamento della classe di corse contigua, il Gruppo A. Nel 1987 la Audi partecipò ancora a qualche rally, Mikkola vinse il Safari davanti a Röhrl su una berlina per famiglie, la Audi 200.
Alla S1 restava comunque un ultimo trionfo: nel 1987 Walter Röhrl attaccava con 600 CV (440 kW) di potenza le 156 curve del Pikes Peak in Colorado (USA) fino a risalirne la vetta a 4.301 m di altitudine. Per quattro volte portò il suo gioiello sportivo, di cui un enorme spoiler aumentava la deportanza, in sesta sulla pista di sabbia e ghiaia di 19,99 km raggiungendo i 196 km/h nel punto più veloce.

Dopo le vittorie di Michèle Mouton e Bobby Unser, la Audi festeggiava il terzo successo consecutivo nella grande corsa americana in salita, la “Race to the Clouds”. Il tempo di Röhr di 10:47,85 minuti superava di oltre 21 secondi il record sul circuito stabilito l’anno prima da Unser.

Trazione sull’asfalto: il passaggio ai campionati di categoria Turismo

Le vittorie sul Pikes Peak fecero nascere il desiderio di conseguire ulteriori allori. Nel 1988 la Audi partecipò per un anno alla serie americana TransAm. Sotto al cofano della Audi 200 quattro era collocato un turbo a cinque cilindri del mondiale di rally. Con i suoi 510 CV (375 kW) lanciò l’americano Hurley Haywood alla conquista del titolo. Con otto vittorie nelle 13 corse la Audi si aggiudicò anche il titolo costruttori.

Un anno dopo la Audi passò alla serie IMSA GTO con il suo regolamento ancora più libero. Il look era quello della Audi 90 quattro, ma in realtà la sua silhouette era solo un rivestimento in plastica sotto al quale si nascondeva una vettura da corsa purosangue con scocca in fibra di carbonio e telaio tubolare come ossatura.

Nella sua ultima evoluzione, il cinque cilindri erogava circa 720 CV (530 kW) con una pressione di alimentazione di 2,65 bar e lo stesso sistema di ricircolo dell’aria della S1, le quattro ruote motrici erano larghe 36 centimetri. Con sette vittorie in 15 corse, Hans Joachim Stuck si classificò al terzo posto del campionato. Il team, dal canto suo, si piazzò secondo nella classifica dei costruttori.

Nel 1990 la Audi partecipò al Campionato tedesco categoria Turismo con il modello di punta del Marchio, la V8 quattro. Il motore aspirato da 3,6 litri della berlina di lusso con trazione integrale erogava 462 CV (340 kW) che, sebbene il peso base della V8 fosse di 1.290 kg, tennero a bada i concorrenti, i quali avevano sì allestimenti più leggeri, ma anche motori meno potenti.

Stuck vinse il campionato nel primo anno, nel 1991 lo eguagliò il giovane Frank Biela in un finale da brivido sul circuito di Hockenheim. Dopo una disputa sulla conformità ai regolamenti del nuovo albero motore, il team ritirò la V8 quattro dalla stagione 1992 ancora in corso. Negli anni 1990 e 1991 la Audi vinse la metà delle 36 corse complessive.

L’anno di maggior successo nelle gare per vetture di categoria Turismo fu per la Audi il 1996. La A4 quattro Supertouring con il suo quattro cilindri da 2 litri, capace di erogare 296 CV (218 kW), era un’auto da corsa ultramoderna. Il sedile di guida era in posizione arretrata, il cambio a sei rapporti era a comando sequenziale e l’aerodinamica era stata sviluppata nella galleria del vento con un accurato lavoro di ottimizzazione.

La A4 quattro Supertouring si presentò alla griglia di partenza in sette campionati nazionali su tre continenti: in Germania, Gran Bretagna, Italia, Spagna, Belgio, Sud Africa e Australia. E li vinse tutti. Nella serie tedesca STW altamente competitiva, alla quale partecipavano otto costruttori, saliva sul podio Emanuele Pirro, in Inghilterra Frank Biela. Due anni dopo le autorità di regolamentazione europee vietarono la trazione integrale nelle gare per vetture di categoria Turismo perché indiscutibilmente superiore.

Le quattro di serie

La quattro del 1980 non restò a lungo da sola. Dal 1982 la Audi le affiancò altre cinque varianti a trazione integrale: Audi Coupé, Audi 80/90 e Audi 100/200, campione mondiale dell’aerodinamica negli anni ’80. I nuovi modelli rispecchiavano la decisione di principio d’offrire in ogni serie una variante quattro che, sulla scia dei successi sportivi, si vendeva a meraviglia.

Al vertice della gamma avanzò nel 1988 la V8 con dapprima 250 CV (185 kW) e in seguito anche 280 CV (206 kW). La berlina era disponibile solo con trazione integrale permanente e anche per la A8 successiva i Clienti ordinarono quasi esclusivamente le versioni quattro. Per quattro anni i modelli di punta del segmento delle vetture di lusso furono i modelli quattro di serie più potenti della Audi. All’inizio del 2009 il primato è passato alla sportiva dalle alte prestazioni R8 5.2 FSI quattro con una catena cinematica quattro appositamente concepita che trasmette la forza del motore principalmente all’asse posteriore.

Nel 1995 la Audi ha cominciato ad offrire anche i suoi modelli TDI più grintosi con trazione quattro: un connubio all’insegna della più totale armonia. Il primo modello di questo genere è stato la A6 2.5 TDI quattro con un V6 da 140 CV (103 kW). La gamma attuale è molto ricca: la base è costituita dai modelli A3 e A4, in cui già il 1.8 TFSI e il 2.0 TDI sono dotati di trazione quattro. Al top della gamma figura la Q7 V12 TDI quattro, il SUV Diesel più potente del mondo che con una cilindrata di sei litri eroga 500 CV (368 kW).

Dal 1999 anche i modelli compatti della Audi, la serie A3 e TT, sono disponibili con trazione integrale permanente quattro. Con i loro motori trasversali utilizzano, al posto del differenziale centrale, un sistema elettronico in cui un giunto a lamelle azionato idraulicamente funge da bloccaggio longitudinale. La Audi ha continuato a perfezionare questa soluzione nel corso degli anni e oggi un accumulatore di pressione estremamente efficiente provvede a ripartire le forze, se necessario, in tempi brevissimi.

Nel 2008 il differenziale sportivo attivo ha debuttato sulla Audi S4 e da allora viene installato anche su altri modelli. Con il differenziale sportivo attivo la Audi eleva la dinamica di marcia e la trazione integrale permanente quattro a un livello finora ineguagliato dalla concorrenza. Nell’affrontare le curve in accelerazione il comportamento della vettura rimane sportivamente neutro. Nella fase iniziale della sterzata la sua risposta diventa più diretta e viene stabilizzata ai cambi di carico. Oltre a una guida molto più divertente, sono anche possibili maggiori accelerazioni trasversali in curva. Per chi è al volante sterzare diventa molto più facile.

Sportività e classe: le versioni S della Audi

Al potenziamento dell’immagine dinamica acquisita dalla Audi grazie al motorismo sportivo, contribuirono decisivamente a partire dal 1990 tutte le versioni S, a partire dalla Coupé S2 che ha seguito la prima quattro. Il suo carattere distinto dimostra l’armonia perfetta di sportività e raffinatezza. La nuova famiglia è cresciuta rapidamente fino alla S8, lanciata nel 2006. Fin dall’inizio la trazione quattro è stata componente integrante di tutti i modelli S. Attualmente le serie Audi che ne sono dotate sono la S3, S4, S5, S6 e TTS.

Anche la prima versione RS della Casa, la Audi RS 2 Avant del 1994, ha conquistato i fan per la sua spiccata idoneità all’uso quotidiano e il potentissimo cinque cilindri turbo. La RS 4 Avant del 2000 montava un V6 biturbo; la RS 6 (2002) possedeva un V8 da 4,2 litri turbo. Nel 2005 è seguita una nuova RS 4 con un otto cilindri aspirato a regimi elevati, con cui la Audi ha presentato un nuovo stadio evolutivo della trazione quattro: un differenziale centrale che ripartisce la coppia nel rapporto di 40:60 fra avantreno e retrotreno.

Oggi la quattro GmbH, controllata della Audi AG, produce cinque versioni RS in serie esclusive. Si tratta della RS 6 e della RS 6 Avant con motore V10 biturbo (580 CV/426 kW), della TT RS e della TT RS Roadster con cinque cilindri turbo (340 CV/250 kW) e della nuovissima RS 5 con un V8 aspirato dalla potenza di 450 CV (331 kW). La sua catena cinematica della trasmissione quattro presenta però una nuova tecnologia: il cosiddetto differenziale a corona dentata che offre una trazione ancora migliore e un’eccezionale dinamica di marcia.

Nei 30 anni intercorsi fra il 1980 e la fine del 2009 la Audi ha costruito 3.296.917 auto con trazione integrale permanente. Negli ultimi anni le versioni quattro sono state sempre superiori a un quarto, considerando tutte le serie; nel 2009 la loro quota è stata del 34%. Le serie Audi di maggior successo in termini di unità sono la A4 e la A6; lo stesso vale anche per le rispettive versioni quattro. Considerando le gamme di modelli precedenti, a fine 2009 per la A4 si contano 1.132.186 esemplari con trazione integrale permanente mentre per la A6 essi ammontano a 1.109.155 unità.

A livello mondiale la Audi è il produttore leader di vetture con trazione integrale permanente nel settore premium. La gamma attuale offre 126 modelli con trazione quattro. Q5, Q7, R8, A4 allroad quattro, A6 allroad quattro come pure tutte le versioni S e RS sono disponibili esclusivamente con trazione integrale.

L’emozione quattro

Tracce di gomme sulla neve. Vedendole, un eschimese sussurra con riverenza al nipotino: “Audi quattro”. Trampolino di salto con gli sci, una Audi 100 CS quattro vi s’inerpica di propria forza; nel corso di questi 30 anni la Audi ha fatto girare tutta una serie di efficaci spot televisivi, per coltivare il mito quattro e le emozioni ad esso legate. Alcuni sono diventati dei classici.

L’idea dello spot con il trampolino maturò nel 1986. In un test su un ghiacciaio del Tirolo una Audi 100 quattro era riuscita ad affrontare una salita con una pendenza di 39 gradi. Il trampolino di salto con gli sci di Kaipola, 300 km a nord di Helsinki in Finlandia, risultava, con i suoi 37,5 gradi, un compito un po’ più facile: la pendenza superava però pur sempre l’80%. Una gru depose la vettura sul trampolino, dove venne ancorata con tre sicure: mediante una fune di acciaio celata, mediante un dispositivo frenante sotto il frontale e mediante una rete di sicurezza sul trampolino stesso.

Harald Demuth, che in veste di pilota professionista di rally era già stato al volante della quattro, non aveva bisogno di tutti questi accorgimenti: guidò la Audi 100 CS quattro di propria forza e senza problemi su tutti i 78 metri di lunghezza del trampolino, nonostante la visibilità fosse quasi nulla a causa del muso della vettura proteso verso il cielo.

Lo spot conferì alla pubblicità della Audi un lustro che ancor oggi risplende; all’inizio del 2005 la Audi girò un remake con una A6 4.2 quattro per il quale fu appositamente rimesso in funzione il trampolino di Kaipola fuori servizio dal 1994. La strategia pubblicitaria complessiva era ed è, come tipico per il Marchio, concentrata esclusivamente sui prodotti. E sulla loro attendibilità non esistono dubbi di sorta, perché le vittorie ottenute dalle quattro nelle competizioni hanno forgiato l’immagine del marchio Audi più intensamente di quanto avrebbero potuto mai fare anche delle campagne faraoniche.

Le varianti quattro si differenziano appena dalle loro sorelle con trazione anteriore, non sono delle presenze atipiche nel programma di modelli ma, piuttosto, parte integrante e, al tempo stesso, punta di diamante del Marchio ad altissimo contenuto tecnologico Audi. Quattro significa ben più che solo trazione: il termine sta per emozione, sicurezza di guida e sportività, per competenza tecnica e dinamismo.

Una storia di successo: la quattro GmbH

Questo speciale lifestyle Audi caratterizza, con la sua inconfondibile impostazione, anche l’offerta della società quattro GmbH fondata nel 1983 a Neckarsulm (Germania). Dal 1996 la controllata Audi appone la sua firma sulle vetture che produce. La quattro GmbH offre lavoro a 700 dipendenti e gestisce propri settori di sviluppo e produzione, ad esempio per la sportiva R8 o il SUV ad alte prestazioni Q7 V12 TDI.

Il fascino delle showcar quattro

Un altro strumento con cui la Audi promuove la “seduzione quattro”, sono gli spettacolari studi di design. Nell’autunno del 1991 il Marchio ha presentato in rapida successione ai Saloni di Francoforte e di Tokio due auto sportive con motore centrale e trazione integrale permanente: la quattro Spyder e la Avus quattro. Quest’ultima, in particolare, ha ammaliato gli appassionati per il suo rivestimento in lamiera di alluminio levigata e il motore W12. Nel 2000 è stato realizzato un altro affascinante studio: la “Rosemeyer”, un omaggio alle auto da Gran Premio della Auto Union degli anni ’30.

Più vicine alla serie furono le showcar proposte nel 1995: la TT quattro in versione Coupé e Roadster era già quasi pronta per la produzione. Nel 2001 gli studi a trazione integrale Pikes Peak, Nuvolari e Le Mans quattro hanno anticipato la realizzazione di Q7, A5 e R8.

Negli ultimi anni le showcar della Audi svolgono soprattutto il compito di presentare nuovi orientamenti della tecnologia di propulsione. La e-tron, una delle star all’IAA del 2009, è una sportiva veloce dotata esclusivamente di trazione elettrica. I suoi 313 CV (230 kW) vengono trasmessi a tutte le quattro ruote, come tipico della Audi. A 30 anni dalla produzione in serie il concetto di quattro è più dinamico ed emozionante che mai.

Un altro passo avanti:
la trazione quattro della RS5,con differenziale centrale a corona dentata

Nei 30 anni successivi al debutto della prima quattro, la Audi ha continuato a potenziare la propria leadership tecnologica per quanto riguarda la trazione integrale. Ma a Ingolstadt non si è ancora soddisfatti. Al Salone di Ginevra, la Casa presenta ora un nuovo stadio evolutivo della trazione quattro con differenziale centrale a corona dentata e torque vectoring. Questa tecnologia, ancora più efficiente, precisa e potente della soluzione precedente, celebra il proprio debutto sulla nuova Coupé dalle alte prestazioni RS 5 della Audi.

Il differenziale centrale autobloccante nella trazione quattro, situato immediatamente all’uscita del cambio, ha il compito di distribuire su entrambi gli assi la coppia motrice in proporzioni ben definite. Se la ruota su un asse comincia a slittare, ad esempio su fondo stradale liscio, il differenziale convoglia immediatamente la maggior parte della forza sull’asse con maggior trazione.

Il nuovo differenziale centrale della Audi si basa su un principio innovativo. Il suo carter cilindrico viene azionato dal cambio. Al suo interno ruotano due corone dentate che devono il loro nome alla geometria dei loro ingranaggi. Questa nuova dentatura è stata chiamata “Evolvere”. La corona dentata posteriore aziona l’albero cardanico verso l’asse posteriore, quella anteriore un albero con ingranaggi “beveloid” inclinato, che si collega con il differenziale sull’asse anteriore.

Le corone dentate vengono azionate da quattro satelliti a denti diritti del differenziale disposti a 90 gradi l’uno rispetto all’altro e con possibilità di rotazione sugli assi solidali alla scatola. In questo modo è possibile una regolazione di compensazione del numero di giri fra asse anteriore e posteriore, come ad esempio risulta necessario in curva.

Ripartizione base della coppia di 40:60 fra asse anteriore e asse posteriore

Con un numero di giri esattamente identico su asse anteriore e asse posteriore le due corone dentate ruotano alla stessa velocità della scatola del differenziale. Tuttavia a causa della speciale geometria della dentatura presentano un diverso numero di denti e punti di presa su diametri di grandezza diversa. Ciò determina effetti leva differenti. Con la ripartizione base, il 60% della coppia motrice viene trasmesso al differenziale posteriore e il 40% a quello anteriore, consentendo una trazione e una dinamica di marcia ottime.

Con la trasmissione della coppia tramite la dentatura dei satelliti si generano forze assiali all’interno del differenziale che fanno sì che entrambe le corone dentate vengano spinte verso l’esterno. Questa forza assiale viene utilizzata per comprimere i pacchi di lamelle dietro le corone dentate. In questo modo viene generata una coppia di bloccaggio che ridistribuisce la coppia motrice fra le corone dentate.

Se ad esempio la RS 5 arriva su un tratto innevato con le ruote anteriori, per un istante il numero di giri sull’asse anteriore aumenta. In questo modo fra le due corone dentate e la scatola si forma una differenza di velocità. L’effetto autobloccante che si determina nel differenziale centrale a corona dentata trasmette ora immediatamente la coppia motrice all’asse con maggior trazione. Fino all’85% della coppia viene convogliato dietro. Il processo è analogo se, al contrario, è l’asse posteriore della RS 5 ad avere meno aderenza; ora fino al 70% della coppia viene trasmesso all’asse anteriore.

Con questa ampia ripartizione della coppia motrice, il nuovo differenziale centrale a corona dentata supera i suoi predecessori e, grazie al maggior bloccaggio, la trazione viene ulteriormente migliorata. La ridistribuzione delle forze e delle coppie è permanente, immediata e assolutamente uniforme. Il conducente può tenere tutto facilmente sotto controllo. Non occorrono né una centralina elettronica, né un azionamento idraulico o elettromagnetico. Il funzionamento puramente meccanico garantisce la massima efficienza e reazioni tempestive.

Gli altri punti di forza del differenziale centrale a corona dentata sono la compattezza e il peso ridotto: con i suoi 4,8 kg è stato alleggerito fino a 2,1 kg. Dopo il debutto sulla RS 5 sarà introdotto su altri modelli. La costante evoluzione della tecnologia di trazione quattro dimostra efficacemente l’avanguardia nella tecnica con cui la Audi consolida la sua leadership nei confronti della concorrenza.

Torque vectoring per dinamicità in curva

Nella RS 5 e in altri modelli su cui verrà introdotto, il differenziale centrale a corona dentata viene abbinato a una soluzione software intelligente denominata torque vectoring. Come ulteriore perfezionamento dell’ESP con meccanismo elettronico di bloccaggio trasversale, già di serie in molti modelli a trazione anteriore, interviene su tutte le ruote. Il nuovo sistema rende la marcia in curva ancora più precisa e dinamica.

In base alla sterzata e al comando di accelerazione del conducente la centralina determina la ripartizione ottimale delle forze motrici su tutte le quattro ruote. All’occorrenza frena leggermente le ruote interne alla curva: a tale scopo è sufficiente avvicinare appena le pastiglie ai dischi con una pressione minima.

Questa funzione di assistenza si attiva in modo costante e immediatamente quando si affrontano curve a velocità sostenuta. L’ambito di un comportamento di guida neutro viene nettamente ampliato, riducendo la tendenza al sottosterzo nelle sterzate e in accelerazione. L’ESP può così intervenire più tardi e più dolcemente.

Il nuovo differenziale centrale a corona dentata con il suo funzionamento regolare e sempre esattamente definito consente al torque vectoring un dosaggio sensibile e preciso.

Per una maggior dinamicità di marcia e una guida più divertente la trasmissione quattro può essere ottimizzata con il differenziale sportivo che distribuisce attivamente le forze fra le ruote posteriori. Se il differenziale sportivo è attivo, il torque vectoring si limita all’asse anteriore.

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